la schiena contro il cemento della galleria, la daga di Kraban sfondava la chitine sventrando la bestia. In un istante
fu libero. La morsa scomparve e sentì la creatura scappare
e languire. Per un attimo nella luce dell’esplosione degli
stivali, gli parve di aver visto i contorni dell’insettoide. Il
suo cervello umano però rifiutava quello che aveva intravisto, una blasfema fusione tra insetto e uomo. Il sangue che
gli colava caldo dalla ferita usciva troppo rapidamente, in
poco tempo sarebbe morto dissanguato. Come pervasa da
un fremito, la galleria si illuminò con tutti i macchinari che
si riattivavano mentre i suoi occhi iniziarono ad appannarsi. Guardò la macchia verde del sangue della bestia riverso
sulla parete e, ghignando all’idea che fosse andata a morire
da qualche parte, perse i sensi.
Il ronzio dello schermo lo fece svegliare. Lentamente il
Falco mise a fuoco la stanza che aveva intorno. Illuminata
a giorno, era sicuramente situata al chiuso, dato che non
notò finestre. Un enorme computer a forma di fungo riempiva la maggior parte della vasta sala, mentre un robot dalla forma di un ragno grande quanto una testa umana, era
all’opera sul suo fianco, chiudendo la carne strappata con
uno sferragliare delle lucide zampe. Una flebo di plasma
era attaccata al suo braccio e si sentì rinsaldare carne e
ossa mentre il robo-ragno terminava l’operazione. Poi tornò a guardare lo schermo. Un viso inespressivo, formato da
pixel illuminati proiettati sulla superficie del grosso monitor, lo osservava.
- Ben svegliato, mio buon amico - gracchiò un altoparlante
al lato del computer, con una voce atona e profonda.
Il Falco sgranò gli occhi.
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