letri di un’era dimenticata che non servivano più a nulla.
Ma lui era un Principe Mercante, uno sciacallo. Molto probabilmente nessuno sapeva più come far funzionare l’antica tecnologia, vista dagli attuali popoli barbari come magia
creata da mani immemori. Ma se quella era magia, allora
lui era un sapiente mago, capace di rigenerare i prodigi delle epoche che furono. Riaccese l’auto a energia solare, questa era alimentata da un pannello attaccato sul retro della
vettura e collegato da una serie enorme di cavi al cofano
anteriore. Lo aveva barattato con un nerboruto schiavista
a Karak che stoltamente lo usava per mandare messaggi di
luce a distanza ai suoi sgherri riflettendo il sole. Aveva impiegato tre anni per farla funzionare, ma per quel che sapeva era l’unico uomo a spostarsi su di una vettura e non
su un mammifero. Si infilò sotto il cavalcavia e costeggiò
lentamente la colonna di auto rassicurandosi al tocco della
pistola a impulsi nella fondina, attaccata alle cinte di cuoio
che gli coprivano il torace nudo. Sapeva bene quali pericoli potevano nascondersi in un insediamento come quello
che si profilava alle spalle della strada. E mentre alzava lo
sguardo in alto per valutare la stabilità della struttura, li
vide. Erano in sei sul cavalcavia intenti a crocifiggere un povero vecchio. Demoni. Esseri deformi il cui animo e corpo
erano stati storpiati da epoche a contatto con le radiazioni,
viste dalle comunità attuali come malefici degli antichi dei.
Anche Kraban, questo era il suo nome, conosceva il pericolo delle radiazioni, ma per la sua mente evoluta che rifiutava la maledizione la spiegazione sembrava com plessa.
La accettava e basta. Fermò immediatamente l’auto e scese
con un agile e fluido movimento del suo corpo compatto. Si
spostò accucciandosi tra gli scheletri delle auto mentre con
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