che la terra non sentiva da epoche remote spingendolo con la
forza dei suoi polmoni fino ai confini fine del mondo, o così a lui
parve.
Dolore. Era tutto quello che sentiva. Puro, come un suono continuo. Puro, come un colore denso. Un colore che iniziò a formarsi nella mente di Creed, rosso intenso, come non lo vedeva dal
giorno dell’incidente. Qualcosa di assurdo però accadde. Mentre tutto il suo mondo era dolore, un rumore come di nervi che
si riallacciavano e di carne che si gonfiava, riempì la sua testa.
E poi lo vide. Vide il patibolo con l’uomo che penzolava dalla
corda, il vento turbinava intorno alla piazza come fosse al centro
di un ciclopico uragano. L’uomo aveva gli occhi aperti e rideva
sbavando, nonostante il collo spezzato. Il dolore era terribile ma
Creed adesso non ci pensava... lui vedeva, pensò o che fosse un
miracolo, o che era morto. Portò le mani coperte dai guanti senza
dita dei cercatori d’oro al viso e tocco i suoi occhi. In ginocchio
di fronte al patibolo, dove un impiccato ghignava, Creed toccava
i suoi occhi e vedeva di nuovo. Guardò l’uomo davanti a se.
- Sono morto? - questa fu la domanda che si trovò sulle labbra.
- No, ma lo sarete presto tutti! - sbraitò l’impiccato indicandolo
con il braccio, mentre il sole sulla sua testa appariva nero tra il
turbine di polvere scura che chiudeva la piazza - Il giorno è arrivato, la grande fame è cominciata! Delle figure si intravedevano nella polvere, Creed ne contò almeno tre inginocchiate a terra e combattendo contro il dolore
che gli levava la ragione, strisciò tra la nube avvicinandosi a loro.
Il rumore era quello di legna che si spezza, ma la rinnovata vista
gli fece vedere una scena che non credeva possibile. Le tre figure
che aveva percepito, erano smunte e consunte, con i capelli radi
e la pelle putrescente come cadaveri seppelliti da mesi, inten48