L’ombra
di Luciano Nov
ara
Lo gnomo mercante conduceva il carro fuori dalle mura di Eldarin, mentre ad est albeggiava il sole. Erano le prime luci diurne.
Si dirigeva a nord, verso Killian, e col carico pesante prevedeva
un viaggio di quattro giorni; avrebbe attraversato la Foresta d’Avorio, la Terra dei Cavalli, passando per Navel, dove la locanda
di Gando gli avrebbe offerto riparo per la notte e infine avrebbe
proseguito ancora a nord, verso le piane. Il viaggio presentava il
rischio di restar lontano dai centri abitati per almeno tre notti e
lo gnomo, conoscendo i rischi delle strade di Ero e non essendo
in grado di difendersi da solo, aveva assoldato una guardia del
corpo: un giovane guerriero partito da chissà quale paesino rurale con una mezza armatura, una spada a tracolla e tanti sogni
negli occhi. Si erano conosciuti la notte prima in una locanda
e mentre alzavano il gomito più del dovuto, lui si vantò di aver
partecipato a numerose battaglie:
- Si io ero lì, - affermava il giovane - ricordo che fu una battaglia
molto caotica, nella mischia a stento si riusciva a capire chi fosse
il nemico e chi il compagno. Lo gnomo credulone sorrideva interessato, stringendo un boccale che nella sua mano paffuta sembrava enorme:
- E così sei riuscito a cavartela con qualche ferita. Per voi guerrieri le cicatrici sono come medaglie al valore, vero? Il giovane bevve d’un sorso mezzo boccale, la faccia si arrossò
d’improvviso, svelando la sua debolezza nel reggere l’alcool, rispose con voce tremante:
- Beh, certo! - la testa barcollava visibilmente - Un giorno tornerò
a casa dal mio vecchio e gli mostrerò tutte le ferite che hanno segnato la mia pelle... e lui dovrà chiedermi perdono per avermi
obbligato a coltivare i campi! - posò il boccale sul tavolo con un
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