tetto dell’auto su cui si trovava e, mentre atterrava sull’asfalto
crepato,una testa deforme spiccava da un corpo, recisa grezzamente dalla sua daga. Rapido come un fulmine fece fuoco al secondo che lo fronteggiò, eliminandolo con un fascio di impulsi
che gli fece esplodere il bulboso torace. Soltanto i suoi sensi da
animale predatore gli fecero abbassare la testa, un istante prima
che il terzo demone gliela staccasse dal collo con un colpo di una
spada a due mani ricavata da grezze lamiere metalliche.La spada
si piantò nel tetto di un autoarticolato rovesciato su un fianco.
Kraban rotolò di lato e con un gesto fluido e naturale infilò la
daga nel petto del quarto Demone, che caricava con una lancia
arrugginita, fino a fargliela uscire dalle spalle. Poi, roteando su
se stesso, polverizzò il cranio informe del maledetto che aveva
appena liberato la spada,con un colpo di pistola a bruciapelo.
Per un po’ solo il silenzio regnò sulla scena di interiora e carne
bruciata, durata solo pochi sanguinosi secondi.
Il vecchio alzò la testa scarmigliata di capelli bianchi dal petto
in tempo per vedere il suo salvatore scoprirsi il volto. Uno della
stirpe dei Falchi era dinnanzi a lui. Ne fu sicuro, infatti sul suo
torace nudo,a parte le fasce di cuoio della fondina della pistola,riconobbe tra varie cicatrici rossi tatuaggi simbolo del clan
degli Alifuoco. Il fisico slanciato da predatore denotava potenza
e controllo ad ogni movimento e il viso anch’esso segnato dalle
cicatrici ospitava due occhi gialli inconfondibili. Lo sciacallo era
vestito con bracciali di cuoio e pelle che gli coprivano avambraccio e mani fino a mezze dita, mentre le elastiche e robuste
gambe erano coperte da pantaloni di pelle di animali rinforzati
nei punti mobili,che a loro volta erano infilati dentro degli strani
stivali tecnologici che il vecchio non comprendeva. Dalla pesante cintura pendevano varie piccole borse piene di attrezzi e cavi
e il fodero della lunga daga.
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