retate. Li vedevo fare la spola a ridosso delle mura dell’ Hum,
avanti e indietro, nella speranza di vedermi. Per anni abbiamo
comunicato a gesti o tramite piccoli fogli di carta, gettati da una
finestra o consegnati in gran segreto nelle mani dei mercanti
che fornivano di cibo il monastero. Orasiamo in tanti, in troppi
a chiedere alla verità di uscire allo scoperto. Finirà in un bagno
di sangue, se il potere non vorrà riconoscere la nostra scoperta.
Forse scoppierà una guerra civile, un evento che porterà con sé
decine o centinaia di vittime, stravolgendo il nostro piccolo e
confortevole mondo. Ma non ci importa. Perché oggi è il giorno della liberazione. Stanotte aprirò le porte dell’ Hum ai miei
fratelli, acquattati nel folto dei cespugli attorno al tempio. Qualcuno di loro ha trovato il modo di eludere i controlli, rubando
un altro contenitore. Aprirò le porte, si, e insieme occuperemo
la grande sala dell’ altare. Metteremo un altro mattone. Faremo
vedere a tutti quanto errata sia la nostra esistenza, e quanto poco
stiamo facendo la volontà di chi ci ha creato. Perché il Nazre non
è il monito di Dio all’ inutilità umana. Non è una roccia anonima lasciata penzolare sul nulla. Non è il confine tra ciò che ci è
familiare e il vuoto cosmico che ci attanaglia le viscere. Il Nazre
è l’ inizio di un ponte.
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