bocca.
In fine il buio.
Lucita correva affannosamente su e giù per il parco, sperando
di trovare quello che la vigilanza cercava da ore.
Era buio da pezzo ormai e non aveva notizie di Rachele da
quella stessa mattina. Mentre correva le lacrime le solcavano
il viso ininterrottamente: - È tutta colpa mia, non dovevamo
separarci. -, questa frase le girava in testa come un disco
rotto, quando ecco che un fischio e delle voci le fecero capire
che Rachele era stata ritrovata.
- È salva! è salva! In un batter di ciglia si trovò accanto alla squadra mobile, le
luci blu dell’ambulanza si riflessero sul viso ancora bagnato,
le si gelò il sangue nelle vene, cosa ci faceva l’ambulanza lì?
Cercò di spingere il muro di uomini che le impedivano di
raggiungere Rachele, ma un omone le mise una mano sulla
spalla e la invitò ad indietreggiare cortesemente.
La ragazza incattivita gli diede uno spintone e si creò un varco
tra gli uomini in divisa. Ciò che vide quella notte, tutt’ora
le riaffiora nella memoria, come un incubo ricorrente che
ormai non spaventa più.
La vasca di ninfee era tinta di rosso, in un angolo la sua indifesa
amica, rivoli rubicondi le sgorgavano copiosi dalle palpebre.
Nei pugni ancora stretti, custodiva i suoi bulbi oculari.
Il crepuscolo creò per lei uno specchio di colori surreali.
Un’ aria di misticismo e sacrale compassione avvolse tutti i
presenti. Per un attimo il mondo si fermò e poi l’ambulanza
volò via a sirene spiegate, lasciando a Lucita solo lo shock
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