L’erba era ritta e smeraldina, dura come acciaio: tutti i fili
sembravano cavalieri pronti ad affrontare ogni peripezia,
a salpare per mari procellosi ed ignoti solo per godersi un
duello con Lady Morte.
I due guerrieri si scrutavano, immobili come massi, cercando
una eventuale imperfezione nell’armatura o un momento di
cedimento avversario nell’impugnare l’arma.
Uno dei due aveva una lucida armatura dorata con rifiniture
in alabastro, lunghi fili di seta nera che si arrampicavano
su per gli spuntoni fusi sugli spallacci, la celata abbassata
delineava un truce demonio. Il miglior artigiano Libero aveva
costruito quella corazza imbevendola di magia.
Sembrava fosse lui il tiranno sanguinario e goloso di morte
e, invece, quel abominio era proprio innanzi i suoi occhi.
Il sovrano indossava un pettorale di un blando colore
metallico, una gorgiera ametista e schinieri neri. Gli spallacci
erano di un vago azzurrino. Senza la sua corona, incastonata
con tutte le pietre preziose mai trovate, la spada e lo scudo, i
migliori del reame, si sarebbe detto che quel cavaliere fosse
ubriaco per non accorgersi della discordanza dei pezzi della
sua armatura: la gorgiera non si congiungeva bene con il
pettorale e gli schinieri erano troppo piccoli e lasciavano
una buona parte di gamba scoperta. Era un disastro.
Eddard, però, nella sua aurea e perfetta corazza, lo temeva
e tremava al solo pensiero di combatterlo. Era sconvolto
38