catastrofe nucleare.
Poi, quasi mezzo secolo dopo, sentendosi vicino alla morte,
logorato dagli stenti e dalla fame, decise di uscire, affrontando
l’ignoto con un coraggio che mai aveva avuto prima.
Lentamente aprì il portellone di metallo, girando il volante
arrugginito. Una lunga scala si perdeva nell’oscurità, salendo
ripida sino ad un puntino luminoso. La percorse lentamente
un passo dopo l’altro, alzando la polvere depositata da
decenni. Sentiva il cuore cedere, mentre la stanchezza degli
anni di reclusione, pesante come un macigno, gli si appendeva
alle spalle.
Sapeva che gli ultimi scalini sarebbero stati anche i suoi
ultimi respiri. Cadde perché le gambe non lo reggevano
più e lentamente si trascinò con le mani. Gli occhi gli si
appannarono, quando uscì a vedere la luce del giorno.
E si rese conto che il suo mondo era in cenere.
Mentre gli altri continuavano la propria vita.
Una vita passata nella paura non è degna di essere vissuta.
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