La fine del mondo
di Tommaso Vitiello
Lui vide il mondo intorno a se e ne ebbe paura.
Ogni giorno guerre, inquinamento, furti e crudeltà immotivata
si riflettevano nei suoi occhi lasciandolo stordito e tremante.
L’umanità stava raggiungendo livelli infimi e, per lui, era
ovvia la prossima vendetta del fato. Una spada di Damocle
pendente sulla testa dei giusti e degli ingiusti, appesa a un
filo ogni momento più sottile.
Poi gli annunciarono la fine del mondo.
Non gli era difficile crederlo. Una giusta vendetta per un
mondo malato. La degna punizione karmica. Dio che distrugge
Sodoma e Gomorra. Il buio totale alla fine del tunnel.
Spaventato da quell’annuncio si rinchiuse all’interno di un
bunker. Tagliò tutti i contatti, con la famiglia, con gli amici,
con il lavoro. Si procurò diversi volumi da leggere nella
sua permanenza in attesa della fine del mondo, pacchi di
scatolette di cibo e iniziò il suo esilio forzato per sopravvivere
alla catastrofe più grande di tutti i tempi.
Così passarono i giorni, crebbero e diventarono anni, ma alla
fine invecchiarono e furono più simili ai decenni. Più volte si
domandò se all’esterno del suo piccolo mondo tutto fosse
crollato. Ma non uscì, spaventato dal rischio di essere investito
da una pioggia di meteoriti ancora nel pieno dell’apocalisse,
o di esser divorato da uno scarafaggio gigante durante la
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