grattacieli e cattedrali abbandonate, erose dalle radiazioni
nucleari e da quelle del sole.
Aveva lottato, aveva visto il mondo, ma non ne era rimasto
deluso, lui voleva ancora viaggiare e questa volta sarebbe
partito per l’universo.
Speranza ascolta ogni parola in silenzio, fino a quando
giungono a destinazione. Lo prende per mano mentre
scendono giù dall’avio taxi e prendono la scala secondaria
per salire i piani che li separano dall’appartamento di lei.
Lì dentro Speranza può fare l’unica cosa che crede giusta
per salvaguardare la vita del proprio figlio: lo cura come
la più amorevole delle madri, rispolvera per l’occasione il
vecchio laboratorio e individua il problema di Dominique.
In questo momento non è più il bellissimo androide di un
anno prima, è uno scheletro di metallo da cui pendono pezzi
di lattice in maniera scomposta, scoprono le sue terminazioni,
rivelano il suo intimo più profondo. Solo i suoi occhi brillano,
ancora vivi e pieni di gioia di vivere.
Speranza lo fa stendere sopra il lettino del laboratorio,
passa intere notti a ripararlo, a sistemarlo. Di giorno svolge
normalmente il proprio lavoro e quando torna si porta
a casa i vecchi pezzi della Classe R per aggiustare le parti
meccaniche di Dominique.
È la sua forma di consolazione verso quell’essere coraggioso
che scalpita per rimettersi in viaggio e spesso si ritrova a
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