amara: ormai erano secoli che quel vecchio monumento
rosicchiato dalle radiazioni era stato sradicato dal suo luogo
originario e sollevato in alto, sospeso a chissà quanti metri
di altezza e visitabile dalle masse di turisti che provenivano
da quella parte del mondo che prima del 2012 era definita
Asia.
Posa la testa contro il finestrino, i capelli rossi schiacciati
contro la parete trasparente e il viso tondo ed amabile
concentrato. Non era mai pronta a quello che trovava là sotto,
il suo cuore si schiantava in mille pezzi alla vista di quelle
povere persone, uomini, donne e bambini che vivevano in
povertà o costretti dalla mutazione ad essere reietti in casa
propria.
Ma quando mette i propri sanissimi piedi a terra, ogni
dubbio viene fugato. All’urlo di - Signora Speranza! - da parte
dei bambini. Il suo cuore rimette insieme i cocci e gioisce:
sono tanti a correrle incontro, pochi sulle gambe, tanti sopra
una massa informe di tentacoli che le si attorcigliano alle
caviglie.
Per ognuno di loro ha qualcosa, un sorriso, un abbraccio,
qualcosa da mangiare. È il suo personale ripagare il mondo
per aver costruito così tanti robot che hanno rubato il lavoro
alle forme di vita senzienti. Non riesce a consolarla in fatto che
la maggior parte di questi robot è forza lavoro su un’infinità
di pianeti dell’universo.
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