scoppio della bomba atomica, ora il cielo è di un vago color
marrone misto al rosso, ma nessuno se ne accorge, tutti
troppo presi dalla propria esistenza sotto la bolla protettiva,
colorata di uno squallido azzurro, che protegge le città stato,
ora congregate in pochi ed enormi assemblamenti.
Scuote la testa, ma lei non è proprio capace di smettere di
sperare in un mondo migliore.
Scende le scale secondarie, lei non si è mai fatta problemi ad
usare quella parte un po’ abbandonata del lussuoso palazzo
che il suo stipendio alla Free Robotics le permette, sa che
deve vivere lì, per mantenere il contegno imposto dal proprio
datore di lavoro che, in ogni caso, non può sapere che spende
tutti i suoi soldi per un progetto di ben altro genere.
Scende pochi piani, quelli necessari per raggiungere
l’avio stazione posta su una parte laterale del palazzo alto
solo cinque chilometri, un’inezia. Da quando l’atmosfera
si è completamente dissolta, ne era stata progettata una
totalmente artificiale e negli anni era stato tutto un costruire
verso l’alto, l’altezza dei palazzi non è mai più stata un
problema, era quello che stava sotto ad esserlo.
Era proprio lì che si stava dirigendo, lasciando la sua
tranquilla e sicura abitazione di Milano 2. Non sarebbe andata
a Milano 4, sul suo posto di lavoro, ma sarebbe tornata a
Milano 1, esattamente in quel centro brulicante di forme di
vita che stava due chilometri sotto il vecchio Duomo. Sorrise
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