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Incubo 07 di Salem Sloth Alla tv dissero che in Canada le porte non si chiudono mai a chiave: sembra che i più neppure siano armati, ché non c’è nulla da temere. La percentuale di aggressioni verificatesi nel focolare domestico è irrisoria. Intorno alle ventidue, un sabato di tre settimane fa, ero nel seminterrato quando giurai di aver sentito del trambusto sollevarsi nella mia cucina. Nel garage non vidi l’auto dei miei, che perciò non erano rincasati. Avevo la pessima abitudine di lasciare socchiusa l’anta del portone, quando scendevo a riporre cose al cambio di stagione: oggi capisco quanti serrano il catenaccio ogni volta che solcano l’ingresso. Un fero figuro corpulento se ne stava seduto in cucina, biascicando qualcosa, ammantato dal buio. Diedi luce sollevando l’interruttore e la plafoniera me lo mostrò gioviale; non lo riconoscevo, ma sembrava che a lui non importasse. Mi ricordava quei bulli da liceo che detestavo quando davano il tormento e temevo quando non mi vessavano, perché sapevo che l’avrebbero fatto. Li assecondavo servile sperando di poter limitare i danni, a volte funzionava. Dapprima sembrò voler fare conversazione, ma occupato a premunirmi non lo ascoltai; ad ogni modo, qualunque cosa dicesse parve priva di senso compiuto. Quando non parlava, tirava su col naso. A un tratto il muciparo si mise alla finestra: sportosi dal davanzale urlò, e sullo sfondo familiare 64