SB Storie Bizzarre SB 1.4 | Page 65

incorniciato dal telaio sgombro delle imposte aperte, qualcun altro si precipitò svelto per il selciato che conduce all’androne. Tornai all’ingresso, apertolo discesi la rampa a precipizio, rovinai ruzzolando sugli ultimi quattro scalini e nondimeno chiusi il cancello prima che quell’altro potesse varcarne la soglia. Quindi risalii scapicollandomi come Willy Mays e raggiunsi il tappeto sul pianerottolo, valutando l’opportunità di bussare alle porte dell’intero condominio, sperando vi dimorasse ancora un’accoglienza misericordiosa. Suonò il citofono e non trattenni due lacrime d’isteria. Inerpicandomi per il secondo piano, sacramentai lungo venti gradini in mancanza dell’ascensore. Dimenticavo che il sabato è fatto per l’uomo e non viceversa: tutti sciamati via, e in sostanza nessuno aprì. Mentre il citofono strombazzava imperituro, indugiavo impietrito su desolati ballatoi, considerando di tornare in cantina e rimanerci finché una macchina non avesse imboccato il garage, ma frugandomi per le chiavi rammentai l’automatismo col quale ne appesi il mazzo al gancio sullo stipite dell’uscio, dentro casa; dovevo rientrare. Scendevo e nonostante provassi a distogliere lo sguardo, vidi l’individuo al citofono. Non volli soffermare su di lui la vista, sicuro che il cancello gli sarebbe stato aperto di lì a poco, quindi non potrei descriverlo fedelmente, ma all’occhiata fugace sembrava deforme, e continuava a suonare, ma nessuno gli apriva. Quando fui dentro scorsi la mole dell’uomo, ancora alla finestra: vagiva esacerbato, con le 65