Dvorak calò l’ascia coperta di sangue e viscere su un soldato
romano schiantando scudo, armatura carne e ossa, lanciò
un ruggito voltandosi per cercare un’altra vittima, giusto in
tempo per vedere un legionario romano con la corazza lorda
di sangue nero che correva verso di lui.
Dvorak ghignò passandosi la lingua sulle zanne, pregustando
già l’uccisione. Un orco intercettò il romano calando l’ascia
sulla testa del legionario ma questi poggiò un ginocchio
a terra così che la lama sfiorò innocua la cresta sull’elmo.
La lama saettò e l’orco cadde con la gola tranciata, con un
unico movimento il romano si rialzò e schiantò, il petto di un
secondo mostro con l’umbone metallico dello scudo.
Due orchi si affiancarono a Dvorak tendendo gli archi neri, il
guerriero romano con lo strano elmo con la cresta trasversale
si avvicinava aprendosi sanguinosamente la strada tra gli
orchi che si lanciavano su di lui come cani rabbiosi. Quando
arrivò a meno di dieci metri gli arcieri scoccarono, la prima
freccia colpì il grosso scudo rosso, la seconda si piantò nel
petto corazzato e strappò un urlo lacerante al legionario, il
quale barcollò a causa dell’impatto ma riprese l’equilibrio e
si lanciò con le ultime forze verso Dvorak.
Lo sciamano si avvicinò tremante e si lasciò cadere in
ginocchio.
- Mio principe… - la voce incrinata dal terrore.
Arminio si voltò e strinse i pugni mentre osservava l’uomo ai
suoi piedi che teneva sul palmo della mano due pietre grigie.
Esaurite.
Un boato innaturale riportò la sua attenzione alla battaglia,
Dvorak era circondato da un alone purpureo che aumentava
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