come un dono porse le aquile della XVII e della XVIII legione.
Il signore delle profondità sollevò lentamente un piede e
schiacciò sotto lo stivale i simboli sacri di Roma.
Aveva dominato le Legioni.
Tauro si portò davanti allo schieramento romano e sollevò
il gladio sopra la testa, i corni muggirono il loro richiamo e i
vessilli di Roma si inclinarono in avanti, i legionari come un
sol uomo si mossero, Druso dal centro dello schieramento
vide Tauro prendere posizione con la sua centuria sul lato
sinistro, la seconda coorte era disposta su cinque file e
marciava verso l’assembramento di barbari alla base della
collina.
I germani a malapena trattenuti fino a quel momento dai
capiclan si lanciarono sulla collina per scontrarsi contro
gli odiati nemici, l’impatto dei due schieramenti risuonò
nell’aria umida e le urla di dolore si mischiarono presto al
clangore delle armi.
L’esercito romano riprese ad avanzare respingendo i
germani, Druso parò un fendente con il bordo dello scudo
e piantò la lama del gladio nel volto barbuto di un barbaro
gigantesco che cadde, urlando, risucchiato nella mischia. I
romani maestri nel combattimento serrato continuavano
a fare strage dei guerrieri germani, coraggiosi ma privi di
armatura.
Le urla si fusero presto con il rumore dell’acciaio, il
centurione infilò il gladio tra due scudi sentendolo mordere
carne e muscoli. Un fiotto di sangue e materia cerebrale lo
imbrattò quando il legionario alla sua sinistra cadde con la
testa spaccata da un’ascia. Druso per un attimo fu accecato
dal sangue che si mescolava al sudore, scrollò la testa per
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