gli alberi e ripulendo il sottobosco per dar modo ai carri con
le vettovaglie di avanzare, il Legato Publio Cornelio Calido
aveva inviato Druso, al comando della seconda coorte, in
avanscoperta. Gli ordini erano di localizzare un luogo, se
esisteva, adatto ad accogliere il campo notturno.
Druso seguì l’esploratore nella selva per diverse centinaia
di metri, la boscaglia era cupa e silenziosa come al solito,
seguirono un sentiero creato dagli animali finché il soldato
smontò e facendo segno di non fare il minimo rumore, si
chinò vicino al tronco di un enorme albero caduto. Fece
cenno di avvicinarsi al comandante, il quale poggiò un
ginocchio a terra e una mano al tronco ricoperto di muschio.
Trattenne il respiro, oltre l’albero si apriva un’enorme radura,
chiaramente opera dell’uomo, poiché era perfettamente
circolare e al centro della quale si ergeva una collina alta
almeno quaranta o cinquanta metri, completamente spoglia
a parte un boschetto sulla sommità.
In tutta la radura non c’era un solo filo d’erba, era come se
qualcuno si fosse occupato di eliminare tutte le foglie, l’erba
e le piante dal terreno.
Ciò che colpì maggiormente Druso, però, non fu tanto la
stranezza del luogo ma il gruppetto di uomini coperti di
pellicce che salivano sul fianco della collina trascinandosi
dietro una figura legata.
Il prigioniero barcollava come se fosse ferito e indossava una
tunica militare romana, non vi erano dubbi, era un legionario.
- Dannati barbari, dev’essere uno degli esploratori che non
sono rientrati la scorsa notte. Torniamo indietro, dobbiamo
fare qualcosa per tirarlo fuori da li. Druso balzò a cavallo seguito dall’esploratore e si lanciò al
43