in cui era immerso, il Nuovo Dio cercò di raggranellare le
briciole del proprio carisma andato in frantumi.
Fu pervaso da improvvise reminiscenze dello scontro con la
Dea Madre, la Regina Nulla, vertice amorevole della Triade,
ma implacabile sul campo di battaglia. Finì nuovamente
carponi, prono, come un misero postulante.
Solo allora il Nuovo Dio si rese conto di percepire la sua stessa
forma fisica: era capace di provare dolore.
Le articolazioni inferiori gli duolevano per l’irruenza con cui
era piombato al suolo.
Sconvolto iniziò ad esplorare il proprio corpo con i
polpastrelli delle zampe. Si ritrovò irsuto e massiccio, così
come era stato immaginato e venerato dai suoi fedeli: un
orso dalle proporzioni immani, capace di assumere forma
umanoide senza perdere gli attributi di potenza e maestosità
da plantigrado.
Quella sensazione di fisicità, di concretezza che mai aveva
sperimentato prima era piacevole e fu lo sprone capace di
farlo sollevare nuovamente, eretto.
Un lampo improvviso illuminò il creato oscuro che lo
circondava, ad ammonirlo a non compiere follie, a rimanersene
in ginocchio, sottomesso.
Quella landa lo voleva annichilire. Voleva blandirlo,
mantenerlo in cattività come un balocco buono solo a
soddisfare le brame contorte dei demoni che l’avevano
plasmata e impregnata con le loro voglie distorte.
Li percepiva chiaramente.
Sentiva il frusciare disgustoso delle creature, che pavide si
tenevano fuori dalla sua portata, nonostante il desiderio
spasmodico di aggredirlo.
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