Pur forti di una superiorità numerica schiacciante, nella loro
meschinità lo temevano.
Bboar non li vedeva, ma capiva che erano in molti. Ombre
nascoste nel buio circostante. Saprofagi in attesa della sua
resa.
Si sbagliavano.
L’Orso Possente non intendeva inchinarsi. Altri scenari erano
suoi per diritto di nascita.
Aveva perso il proprio seguito, le invocazioni e le ovazioni che
avevano contribuito a renderlo forte, il Trono e il Dominio
su quella terra lontana che era stata la sua culla, ma sarebbe
bastato poco per riottenere tutto.
Doveva solo allontanarsi da quel luogo impuro, che non
conosceva ma stava già imparando a rifiutare come terra
sconsacrata e distorta.
Non vi era padrone, nè legge.
Un Regno non rivendicato da alcuna Divinità era un Regno
Morto, inutile, pericoloso e vorace. Nonostante l’onniscienza
fosse svanita, Bboar questo lo portava impresso nella mente:
più tempo avesse trascorso lì, maggiori sarebbero state le
difficoltà ad andarsene.
Tetri filamenti lo avvinghiavano ad ogni istante,
imponendogli una staticità forzata che lo faceva infuriare.
Non li vedeva, certo, ma ne percepiva la volontà.
Eppure lui era un Dio. Nulla e nessuno avrebbe potuto
fermarlo!
Si mise in moto, gli arti che cozzavano sul suolo arido e
incapace di donare la vita.
Il frusciare delle creature celate nella notte eterna fu
immediato. Anche quelle si erano messe in marcia, al seguito
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