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di Mattia Ferri

SOLACE IN A POST-POST NUCLEAR ERA

di Mattia Ferri

Era stanco. Viaggiava ormai da chissà quanto tempo, le gambe erano piene di aghi che lo tormentavano ad ogni movimento. Il respiro, o meglio, l’ affanno era diventato ormai un mantra di cui era diventato talmente consapevole da dimenticarselo ad ogni passo. Zakraius si malediva sempre di più. Perché doveva essere così cocciuto? Perché non aveva ascoltato il buon Urger quando gli aveva detto di lasciare stare queste fantasie assurde e rimanere lì con lui, fino alla fine dei giorni? La Landa Infinita a quanto pare era davvero degna del suo nome. Ma Zakraius continuava a camminare. Non ricorda ancora quando gli venne in mente che forse non esisteva solo quell’ enorme distesa di roccia sterile ma anche altro. Anzi, sì, se lo ricordava. Gli era caduto un fiore in una crepa … o forse era una goccia d’ acqua … Era stanco Zakraius, molto stanco, talmente stanco che quei dannati aghi che lo perseguitavano ormai se li sentiva anche nel cervello, quando cercava di ricordare. Chissà quante risate si stava facendo Urger alle sue spalle, comodo nel suo bivacco accogliente e di cui ormai conosceva tutto. Chissà quante risate pensando alla confusione di Zakraius, alla sua fatica, al suo dolore, al suo sconforto. Urger era davvero un pezzo di merda. Iniziò a dubitare che l’ avesse scongiurato di non avventurarsi in questa follia solo per far sì che lui lo facesse davvero. Ormai Zakraius non era più un essere vivente, era la personificazione della confusione. Aveva anche smesso di camminare dritto. Era come una di quelle nuvolette che lui e Urger osservavano incuriositi, un ammasso di gas che veniva sballottato a destra e a manca dalle correnti, dai venti, dagli agenti atmosferici, senza alcun potere decisionale sulla sua direzione e sulla sua destinazione. Se la similitudine può sembrare ardita, sappiate che Zakraius, o meglio il suo corpo, aveva davvero la consistenza di una nuvola. Pensava che avrebbe trovato qualche ratto da spolpare sul tragitto, ma niente. Solo roccia sterile e arida, solo l’ infinita Landa Infinita. Mentre sbandava come la più promiscua delle banderuole, si accorse di qualcosa per terra. Senza pensarci un attimo, e intendo letteralmente, nessun processo chimico si attivò nel suo cervello, fu un atto di puro istinto, si gettò sull’ oggetto e una volta preso in mano ne addentò un angolo con una forza sovraumana. Si staccò un pezzo irregolare e iniziò a masticare. Lo sputò immediatamente e osservò questo strano materiale plasticoso tutto pieno di saliva e accartocciato. A causa della delusione rinsavì momentaneamente e notò che nell’ oggetto che teneva in mano v’ era raffigurato un suo simile. Ma c’ era qualcosa che non tornava … Aveva
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