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di francesca piantadina

Una notte come tutte le altre

di francesca piantadina

E’ una nottata fresca, come tante altre.. mi sveglio, mi stiracchio, come sempre … Cosa faccio oggi? Che periodo dell’ anno è? E’ inverno … per fortuna, ho molto più tempo a disposizione … Ho un aspetto niente male, minuta ma formosa, e mi piace crogiolarmi nell’ edonismo guardandomi allo specchio mentre scelgo con calma accessori, trucchi ed indumenti che mi valorizzino. Un po’ di cera nelle mani per scompigliare i capelli corti, lucidi e folti, rossi fuoco … questo mese rossi fuoco. Resto un po’ basita, ferma, immobile come il cadavere che sono, ad ammirare le migliaia di sfumature, calde, corpose e al contempo gelide e metalliche della nuova tintura, ad assaporare con lo sguardo questa chioma cangiante come un gatto davanti all’ acquario, ipnotizzato dagli ignari pesci che passano oltre il vetro … Il telefono suona. E’ come essere svegliati da una doccia gelida. Aspetta, aspetta …‘ spetta … non smettere di squillare sto arrivando. Ancora Squilli. Più forti, quasi rabbiosi … sollevo la cornetta: non è il telefono. Il cellulare!!… no aspetta, ce l’ ho in tasca, ed è spento. Gli squilli sono diventati un unico acuto rumore costante … Il timer della lavatrice? Mi sembra alquanto improbabile … nel dubbio controllo: no la lavatrice è spenta, e peraltro anche vuota, vatti a ricordare quando l’ ho mandata
34 l’ ultima volta … Gli squilli sono tornati intermittenti, ma sempre molto rapidi … intervallati da colpi …. Colpi? Calci? La porta!!! Corro verso la porta e la spalanco di colpo.“ Che cazzo di scusa hai stavolta?” Non è molto raffinato come buongiorno, buon risveglio, buona sera, o quello che è … ma Picchio non è mai stato noto per essere un maestro di bon-ton, tra l’ altro nessuno che venga tutte le sere lasciato dietro la porta, a bussare in quel modo, riuscirebbe a conservare un atteggiamento distaccato per più di una settimana, e a Picchio è toccato in sorte di ripetere questa storia quasi ogni tramonto, da circa cinquant’ anni e chissà per quanti decenni a venire: è comprensibile che sfoci nel turpiloquio.“ Quand’ è stata l’ ultima volta che ti ho buttato giù la porta?”“ Abitavamo già qui”“ Fantastico … quindi non mi posso permettere di rifarlo almeno per un paio d’ anni, direi che sarebbe un po’ troppo sospetto per il fabbro … l’ altra volta che scusa hai usato”“ Furto con scasso … ho addirittura sporto denuncia” Sento il cuore gelare, trafitto dallo sguardo che mi manda: è odio puro, misto a fascino ed ipnosi, è lo sguardo da caccia, è l’ attrazione verso la morte, ovviamente io non posso percepirla, essendoci già passata, quando lo usa con me è solo ed esclusivamente a beneficio del mio senso di colpa, vuol dire: se non fossi tu ti avrei già ammazzata per la cazzata che hai fatto. Un lungo e profondo sospiro lo scuote dall’ alto