Rendez-vous en France 2017 | Page 9

I A L L O G G I I C O V E R S T O R Y
S P E C I A L E P A R I S L U M I È R E
I A L L O G G I I C O V E R S T O R Y
Il Centre Pompidou Il Centre Pompidou
© Francesca Avanzinelli
rimenti di costruzione. E naturalmente, visto che mio padre costruiva in mattoni, io costruivo con l’ acciaio. Era la scommessa del far leggero. Questa strana sfida di battersi contro la legge di gravità, un concetto un po’ balzano, ma che porta istintivamente a lavorare sul terreno della luce e della trasparenza. La sua è un’ architettura sostenibile? È fondamentale parlare di sostenibilità dell’ architettura, però bisogna specificare il senso: significa capire la natura, rispettare la fauna e la flora, collocare correttamente edifici e impianti, sfruttare la luce e il vento. Quindi cosa intende per sostenibilità, un termine che va molto di moda in un mondo che abbiamo reso fragile? La sostenibilità consiste nel costruire pensando al futuro, non solo tenendo conto della resistenza fisica di un edificio, ma pensando anche alla sua resistenza stilistica, negli usi del futuro e nella resistenza del pianeta stesso e delle sue risorse energetiche. Torniamo a Beaubourg. Non doveva occuparsi solo di arte moderna, ma al museo andavano affiancate anche attività diverse … Questa era l’ idea di Georges Pompidou, un presidente illuminato. Diceva:
© Vincent, Bernard- Studio Piano & Rogers © Fondazione Renzo Piano
“ Mi piacerebbe che Parigi avesse un centro culturale come già hanno cercato di proporre gli Stati Uniti con un successo finora discontinuo, che sia museo e centro di creazione, dove le arti visive si accompagnino alla musica, al cinema, ai libri, alla ricerca audio-visiva e così via. Il museo non può essere che di arte moderna, dal momento che abbiamo il Louvre. La biblioteca attirerà migliaia di lettori che a loro volta saranno messi in contatto con le arti. Ricordiamo ancora il giorno dell’ inaugurazione nel 1977, cosa provò in mezzo a tutta quella folla? Ricordo che c’ era il regista Roberto Rossellini che stava girando un film proprio sul Beaubourg e mi disse:“ Tu non devi guardare gli edifici, devi guardare gli occhi della gente che guardano gli edifici”. Fu un grande insegnamento, da allora non ho più perso l’ abitudine, ad ogni edificio ultimato, di nascondermi dietro un pilastro e osservare attentamente la faccia che fa la gente. Ho imparato a cogliere il riflesso di un edificio negli occhi di chi lo guarda che è un tipico atteggiamento da cineasta. Anche altri intellettuali si sono interessati al Beaubourg … Sul cantiere venivano Umberto Eco, Michelangelo Antonioni, Marco Ferreri e Italo Calvino, che, tenendo in mano il suo taccuino pieno di piccole note, dava suggerimenti su come pulire le pareti di vetro. Mi consigliava di lavarle con giganteschi spazzoloni. Come quelli usati negli autolavaggi ma molto più grandi. Non ho mai capito se scherzasse o meno, comunque una delle sue Città invisibili che chiama Armilla ed è stata costruita dagli idraulici assomiglia molto al Beaubourg. E Umberto Eco? Nel Pendolo di Foucault immagina che le prese d’ aria che spuntano nella piazza, io le chiamo orecchie, siano il canale attraverso il quale il popolo degli inferi comunica con il nostro mondo. Non deve essere stato facile portare a termine un simile progetto … La nostra forza fu essere scelti da una giuria internazionale, ma all’ inizio non fummo visti bene. Fu necessario un decreto del presidente Pompidou, su suggerimento della moglie, la signora Claude, per dichiararci architetti francesi. Allora per costruire bisognava essere Grand Prix de Rome. Imparammo che l’ architettura non è solo avventura dello spirito: è anche l’ arte di navigare in mezzo alle tempeste. Tempeste vere.

della trasparenza. Ed è fondamentale parlare di sostenibilità

M A G A Z I N E 7