4:48 – Psychosis: l’ora giusta per morire
La statistica dice che l’ora usuale dei suicidi è le 4:48 del mattino
e Sarah Kane ce lo racconta quasi in diretta al Teatro Libero, fino al 22 settembre.
Per la regia di Valentina Calvani, con la traduzione di Barbara Nativi e interpretato dalla magnifica
Elena Arvigo, il drammatico monologo dell’autrice britannica Sarah Kane prende vita sul palco.
L’opera non ha personaggi, non ha un narratore, non ci sono scene: è uno sviscerale scroscio di
parole, un flusso infinito (ma finito) di pensieri, scritti in un lampo o nel giro di ore, un’opera
testamento dopo il quale l’autrice tenta il suicidio. Tenta, perché viene salvata, ma riuscirà nel suo
intento
dopo
essere
stata
rinchiusa
in
un
ospedale
psichiatrico.
E’ il 1999 e la soffitta di una casa è piena di carte, oggetti, sedie e depressione, la quale spinge la
donna a scrivere del suo passato, che ricade nel presente e che finirà nell’immediato futuro.
Magnifica Elena Arvigo, attrice e protagonista indiscussa della serata. Per quanto l’opera lasci
molto spazio all’interpretazione del lettore, sembra che questa sia particolarmente azzeccata.
La dama della parola, la regina del palco, si mostra quasi nuda, con una sottana che fa intravedere il
dolce seno e l’intimo cuore. Vomita sulla platea il suo pianto mai sgorgato, il suo amore per
qualcuno che non c’è mai, assopito, il suo dolore per una famiglia mai comprensiva: una moderna
Virginia Woolf, ma più malinconica e depressa. L’attrice urla, si dimena, lancia occhiate maligne e
si muove compulsiva: ma non c’è nessuno a vederla, nessuno che la ascolti, nessuno che la fermi,
ed
è
proprio
questo
che
la
porta
alla
morte.
Ma l’opera drammaturga non è in realtà stata scritta per leggerla, ma per rappresentarla. Sarah Kane
credeva nel teatro come catarsi dell’animo: ciò che viene rappresentato sul palco, non è per
deprimere lo spettatore, ma per stigmatizzare e far in modo che ciò che accade in scena non accada
nella
vita
reale.
Un
inno
alla
speranza,
insomma!
Un inno un po’ particolare, dato che il finale non è dei più rosei e sicuramente non è assolutamente
comprensibile, per quanto teatrale e artistico possa essere l’idea di morire quando e come si vuole.
Un treno, quello di “4:48 Psychosis” al teatro Libero, che vale la pena di prendere, nonostante possa
sembrare troppo veloce e pericoloso: non bisogna mai perdere le occasioni di provocare il proprio
io, senza esagerare.
Diego Papadia
18 settembre 2012