giovane poi) mi fa male, soprattutto perché, oltre che una grandissima drammaturga, Sara
Kane doveva essere un essere umano straordinario».
Quali le gratificazioni maggiori?
E. A.: «La sensazione di fare qualcosa che abbia, per me, senso. Quest’interpretazione mi
permette di vivere un’esperienza importante attraverso le parole meravigliose di un’autrice
che mi piace (e non è poco), di mettermi ogni volta profondamente alla prova come attrice
(nel senso di storyteller), di fare – in breve – una verifica di “senso”. Sebbene sembri un
paradosso e anche se stancante, fare qualcosa che abbia valore autentico e profondo, a
mio modo di vedere è l’unico modo per andare avanti e non farsi mancare le forze».
Secondo lei le problematiche che solleva l’autrice sono attuali?
E. A.: «Come tutti i grandi testi non invecchia mai, è una poesia senza tempo. La
tematica, poi, è universale: accanto alla questione spinosa della cura farmacologica della
depressione, emerge quella del suicidio come atto di volontà, “ricerca” della negazione
della vita e, forse soprattutto, dell’aiuto psicologico e umano (a una persona, che in
Psychosis, imbottita di farmaci, sente con lucidità il proprio spegnersi). Quando si perde la
voglia di vivere, “smettere completamente” diventa più facile».
Cosa pensa della situazione attuale in Italia, lei che ha esperienze di teatro,
cinema e television OK