Rapporto origini e garanzie materie prime VERSIONE DI SINTESI | Page 15

15 non andare oltre, in quanto la legge 4 è contraria alla normativa comunitaria attualmente esistente. E, comunque, va verificata la sua compatibilità con il progetto di normativa sull’etichettatura delle carni da poco approvato. Il rischio è che l’Unione Europea possa aprire una procedura d’infrazione contro l’Italia, mossasi troppo in autonomia, e giudicare la legge come turbativa del libero mercato. Anche se molte associazioni dei consumatori del nostro Paese sperano che si verifichi quanto è successo nel campo della legge sull’etichettatura d’origine dell’olio d’oliva extravergine e vergine, dove dopo una serie piuttosto lunga di tira e molla, secondo le associazioni stesse, l’Europa si è adeguata, almeno nelle parti fondamentali, alla legislazione italiana. Insomma la partita è ancora aperta. Certo in Italia sono molte le voci a sostegno dell’indicazione dell’origine delle materie prime in etichetta. Vista come una sorta di barriera all’entrata per prodotti di dubbia provenienza o senza adeguate garanzie di sicurezza. Gli schieramenti sono ben definiti. Oltre alle associazioni dei consumatori, le Professionali agricole (Coldiretti e Cia) sono favorevoli all’indicazione d’origine della materia prima, anche se va ascritto a Coldiretti, la maggiore associazione del comparto, l’impegno maggiore a sostegno dell’approvazione. In quasi tutte le assise, istituzionali e non, Coldiretti ha ripetuto che circa un terzo della produzione complessiva dei prodotti agroalimentari venduti in Italia ed esportati – oltre 50 miliardi di euro di valore – deriva da materie prime impor- tate, trasformate e vendute con il marchio made in Italy. Questo, poiché la legislazione lo consente, nonostante in realtà esse possano provenire da qualsiasi punto del pianeta. Vengono importate in Italia circa 30 milioni di tonnellate di prodotti agroalimentari, con un aumento del 50% negli ultimi anni. Ma questa è solo una faccia della medaglia. L’altra è quella di Federalimentare, la federazione che associa le industrie alimentari italiane, che ha elaborato un dettagliato dossier con il quale si motiva la contrarietà all’indicazione dell’origine delle materie prime in etichetta dal titolo “Origine delle materie prime in etichetta?”. All’inizio di questo rapporto si parlava di Italia come Paese trasformatore e di questo Federalimentare si fa forza. E sottolinea che “rimettere in discussione l’italianità di alcuni prodotti come la pasta, i salumi, e l’olio d’oliva solo perché, da sempre, utilizzano anche la migliore materia prima selezionata proveniente dall’estero – visto che il sistema agricolo italiano non è in grado di garantire l’autosufficienza – è semplicemente assurdo”. Anche Federalimentare porta esempi per smontare l’utilità della legge. “Il concetto stesso di Made in Italy si è costruito nei decenni sulla base di una pasta di eccellenza che acquisiva all’estero un 20-30% di grano duro di qualità elevata o di salumi e insaccati realizzati grazie a miscele, utilizzando un insieme di moderne tecnologie e tradizione artigiana”. La posizione dell’industria alimentare è netta: non è l’origine che garantisce la sicurezza e l’obbligo imposto è di una genericità tale da danneggiare l’intero sistema Paese. E ribadisce che la disciplina dell’etichettatura è di competenza comunitaria da oltre venti anni proprio perché gli Stati membri non devono promuovere leggi in grado di compromettere i principi della libera concorrenza delle merci. Insomma un no su quasi tutti i fronti che si conclude con un’unica apertura: piuttosto che vincolare le importazioni di materie prime, Federalimentare ritiene che la vera difesa del made in Italy consista nel combattere la contraffazione sui mercati esteri, dove è sempre più diffuso il fenomeno dell’utilizzo fuorviante di nomi e immagini legati all’Italia per prodotti che non hanno nulla a che vedere con i marchi italiani. Comunque il processo d’origine del prodotto va avanti anche a livello comunitario. È di metà luglio 2011 il via libera del Parlamento europeo all’estensione dell’obbligo di indicazione in etichetta del Paese d’origine alle carni suine, d’agnello e alle carni avicole. Per le quali dovranno essere anche dettagliati i valori energetici e nutrizionali e la presenza di allergeni. Dalle informazioni attualmente in nostro possesso la Commissione Europea non sarà in grado di presentare una proposta di regolarizzazione prima del 2014. Con l’ok definitivo del Consiglio dell’Unione Europea, l’indicazione di provenienza interesserà nell’insieme uova, passata di pomodoro, frutta e verdure fresche, miele, latte fresco, pesce, olio extravergine di oliva, oltre alle già citate carni bovine, suine e avicole.