Pubblicazioni e documenti Pace di Rivolta d'Adda. Di Alberto Pianazza | Page 4

Prefazione
PACE di Rivolta d’ Adda Reliquiario della Croce

Prefazione

Non posso non far mia la volontà di don Alberto, avvalorata dall’ affettuosa sollecitudine di Cesare Sottocorno, di voler condividere il frutto delle sue ricerche sulla‘ Pace di Rivolta’ affinché non solo gli studiosi ma i Rivoltani ne possano assaporare la bellezza e le suggestioni spirituali che il prezioso cimelio promana pur non avendolo più materialmente sott’ occhi. Non credo di far torto a don Alberto se in questa prefazione mi permetto di cogliere alcuni spunti di riflessione.
Quest’ oggetto è un piccolo saggio di cristologia, una catechesi sul Figlio di Dio fatto uomo, morto per la nostra salvezza. Infatti, sul retto delle antine viene raffigurata l’ Annunciazione, queste, spalancate, allargano lo sguardo alla nascita del Salvatore secondo la narrazione lucana che si preoccupa di segnalarne l’ annuncio ai pastori. A commento di questa scena, sul retro delle stesse sono raffigurati San Bernardino da Siena e San Lodovico da Tolosa: francescani entrambi. San Bernardino teologo e predicatore ha speso la vita difendendo la divinità di Gesù. San Lodovico, invece, rappresentante della linea spirituale e pauperista dell’ Ordine francescano, ricorda che il Figlio di Dio ha assunto la nostra natura umana, fino alla morte in croce. Quest’ ultima è rappresentata sul retro del piccolo tabernacolo. Ci viene detto, così, chi è Gesù in se stesso e per noi. La valenza soteriologica del suo farsi uomo e del suo morire in croce è rimarcata dalla coppia di delfini che coronano la parte superiore. Nell’ iconografia cristiana il delfino, infatti, rappresenta Cristo che traina l’ uomo fuori dal mare del peccato. San Paolo così approfondisce:
Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù, il quale, pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini; apparso in forma umana, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce. Per questo Dio l’ ha esaltato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni altro nome e ogni lingua proclami che Gesù Cristo è il Signore, a gloria di Dio Padre.( Fil 2,5-11)
Il Figlio Eterno non ha trattenuto la propria vita come fosse un tesoro solo per sé ma in obbedienza al Padre l’ ha volentieri unita alla povertà della nostra natura umana che Egli assume in Gesù. In Lui si uniscono natura umana e natura divina, Dio e l’ uomo, la libertà somma di Dio di donarsi all’ uomo e la risposta accogliente e obbediente dell’ uomo. L’ apostolo Paolo sottolinea in modo particolare la condiscendenza divina nei nostri riguardi. Credere a Gesù vuol dire credere che quest’ uomo, fattosi uomo in Maria per opera di Spirito Santo, inchiodato e morto in croce, è Dio. La croce è il massimo segno di questa condiscendenza perché il Padre,‘ morendo nel Figlio sulla croce’, ha tolto alla morte il suo potere. Ma al tempo stesso la croce è anche il segno del massimo affidamento dell’ uomo a Dio. Cristo con la sua obbedienza ha trasfigurato la nostra umanità e ha dato a noi la possibilità di godere del suo Spirito di Risorto. Infatti, l’ Apostolo afferma che“ Dio l’ ha esaltato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni altro nome e ogni lingua proclami che Gesù Cristo è il Signore”. Anche la narrazione del Presepio con Maria in ginocchio in atto di adorazione e Giuseppe in piedi che contempla la maternità divina sottolineano la relazione fra umanità e divinità: si sta davanti al Presepio in ginocchio perché si è davanti al Dio fatto uomo. L’ apostolo invita a far nostri i‘ sentimenti’ che furono del Signore Gesù, proprio perché in forza dello Spirito ricevuto diventiamo capaci di decidere e di vivere come Gesù ci ha insegnato. Questo piccolo‘ altare’ detto‘ Pace di Rivolta’ è stato certamente strumento per coltivare nella riflessione e nella preghiera“ gli stessi sentimenti che furono di Cristo Gesù”.
Il prezioso oggetto come altre raffigurazioni simili, in affresco o su tavola, è il frutto e il segno di quella grande rivoluzione che nel medioevo attraverserà la spiritualità e la teologia mettendo al centro l’ umanità del Signore. In quel passaggio molto si deve ai movimenti pauperisti che esaltarono l’ umanità denudata e flagellata del Gesù della croce, facendola assurgere a strumento di salvezza fino a sconfinare nell’ eresia. L’ iconografia porterà sulla croce il Cristo denudato sostituendo la raffigurazione fin ad allora abituale del Cristo in paludamenti regali( si veda ad esempio il‘ Volto Santo’ di Lucca). Secondo le correnti pauperiste la vita povera e la mortificazione da sole, ed esse sole, rendevano perfetta la santità cristiana. Così facendo si trascurava il dono di grazia, si dimenticava che in realtà l’ uomo era salvo perché abitato dallo Spirito di Cristo. In questo modo di pensare più che l’ uomo era Cristo in questione, ridotto soltanto al suo essere un uomo e la sua obbedienza trasformata in mero esempio. Questioni trascinate fin oltre il tempo nel quale questo splendido gioiello è stato confezionato. Santi come Francesco, come Omobono, come Alberto Quadrelli, e con loro Bernardino da Siena e Lodovico di Tolosa, obbedienti alla fede della Chiesa, hanno superato quella crisi, edificando la comunità cristiana e la società degli uomini. La vita austera fatta di penitenza e condivisione scaturisce dalla relazione
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