Pubblicazioni e documenti Pace di Rivolta d'Adda. Di Alberto Pianazza | Page 3
P A C E
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R i v o l t a
d ’ A d d a
R e l i q u i a r i o
d e l l a
C r o c e
Introduzione
Era bello parlare di arte (e non solo) con don Alberto. Ci si incontrava in sacrestia o
nel suo studio, lo sguardo meravigliato al Martirio di San Lorenzo, o sulla piazza di
ritorno da una mostra e allora i discorsi e i silenzi si intrecciavano con i dipinti visti
e rivisti, gli artisti (amava soprattutto quelli del 1600) e le chiese e i monumenti
che conosceva anche nei minimi particolari. Mi è capitato anche di incontrarlo a
Roma, in piazza, ai piedi di un obelisco. Era con Marino Cortinovis e aveva visi-
tato per l’ennesima volta i Caravaggio di Santa Maria del Popolo. Avrebbe voluto
farvi ritorno per illustrarmeli ma era troppo tardi e doveva raggiungere in fretta
la stazione.
Un giorno mi disse che, mentre predisponeva l’inventario dei beni artistici della
Chiesa di Rivolta d’ Adda, s’era soffermato a ricostruire la storia di “un piccolo
cimelio” purtroppo non più in possesso della nostra parrocchia. Me ne aveva de-
scritta la bellezza e aveva aggiunto che l’oggetto è “di grande valore”. Mi raccontò
d’averne parlato con una studiosa di Milano che era venuta al paese per consultare
alcuni documenti d’archivio.
Non mi ci volle molto a capire che il “piccolo cimelio” è il reliquiario denominato
“La Pace di Rivolta d’Adda” e la ricercatrice la dottoressa Annalisa Zanni del Museo
Poldi Pezzoli dove, oggi, il prezioso tabernacolo è custodito.
Un’ altra volta, dopo aver insieme sistemato gli articoli de “La Voce”, trovai il co-
raggio di domandargli una copia della sua ricerca. Mi sorrise, come era solito fare,
ma, ed era capitato anche in altre circostanze, la risposta non fu positiva. Mi disse
che non era il momento, che lo studio non era completo, che ne avremmo riparlato
quando, raggiunta l’età, avrebbe lasciato la guida della parrocchia. Da quel giorno
sono passati molti mesi, forse qualche anno. Don Alberto non l’ha mai lasciata la sua parrocchia. E’ stato vicino alla sua gente fino a quel triste lunedì di sant’Apollonia.
Non è riuscito ad assaporare il tempo del riposo all’ombra di quella basilica che
tanto ha amato così da promuoverne un accurato lavoro di ripulitura a un secolo di
distanza dai restauri che l’avevano restituita all’antico splendore romanico.
La sua ricerca è rimasta nascosta in qualche cartella del suo computer. Fortuna ha
voluto che anche Matteo Cornelli ne conoscesse l’esistenza e prima dell’estate, su
mia richiesta, me ne avesse consegnata una copia. Che farne?
Don Alberto stesso, nel suo scritto, ne suggerisce la risposta. Dopo aver giudicato,
non senza umiltà, il suo lavoro “semplice e senza pretese”, dichiara che è sua inten-
zione “fare partecipi i Rivoltani: nell’intento di portare a conoscenza una piccola
ma significativa vicenda nella storia della nostra comunità (ciascuno ne trarrà le
conclusioni che vuole) e nella presunzione di poter interessare altri (anche meno
dei venticinque lettori che si augurava il Manzoni per i suoi Promessi Sposi) alla
vicenda. Che se non sarà così, pazienza; io ho soddisfatto le mie curiosità!”
Così, nell’ anniversario del suo ritorno alla casa del Padre, è stato fatto, con la
certezza d’ aver consegnato alla gente del suo paese, agli studiosi dell’arte e al
visitatore del Museo Poldi Pezzoli di Milano una ricerca interessante, rigorosa e,
al tempo stesso, capace di emozioni e di riconoscenza per ricordare don Alberto,
la cui figura di prete, rimarrà a lungo nella memoria di quanti l’hanno conosciuto
negli anni della sua azione pastorale in seminario, al santuario di Caravaggio e a
Rivolta d’Adda.
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Cesare Sottocorno