Pubblicazioni e documenti Il borgo sull'alta riva: Castrum Ripaltae Siccae. | Page 77

IL SECOLO XIII Col suo diploma dell'anno 1186, Federico Barbarossa aveva assegnato tutti i paesi della Geradadda a Milano che ormai era tornata nelle grazie dell'imperatore, tanto che il 27 gennaio dello stesso anno, proprio nella basilica di S. Ambrogio, egli aveva presenziato al matrimonio di suo figlio Enrico VI con Costanza, figlia di Ruggero di Sicilia, ultima erede degli Altavilla. L'anno seguente però una gravissima sciagura colpì la cristianità: la caduta di Gerusalemme. Il sultano d'Egitto e di Siria, Yusuf ibn Ayyub, soprannominato Salah ad-din, cioè il Saladino tanto ammirato da Dante e da tanti novellieri e cronisti del Medio Evo per senno, prodezza e liberalità, aveva sconfìtto il 5 Luglio 1187 i cristiani a Tiberiade, e dopo due settimane d'assedio si era impadro- nito di Gerusalemme (che da allora rima se in potere dei Mussulmani fino all'occupazione britannica del 1917). Si indisse allora la terza Crociata. A capo degli eserciti cristiani si misero l'Imperatore Barbarossa, Riccardo Cuor di Leone re d'Inghilterra, Filippo Augusto re di Francia. Nel maggio del 1189 Federico, sempre indomito nonostante i suoi 68 anni, mosse per via di terra con un'armata di 100.000 germanici, e raggiunta Costantinopoli passò nell'Asia Minore. Prese, dopo una battaglia sanguinosa, la città di Iconio (l'attuale Konia, in Anatolia, Turchia) aprendosi la via verso il Sud e verso Est; ma sfortunata- mente trovò la morte il 10 giugno 1190, travolto dall'impeto della corrente del fiume Selef (l'antico Cidno) mentre l'attraversava a cavallo, chiuso nella sua pesante armatura. Solo parte delle truppe seguì Federico di Svevia, suo nipote, in Siria; il resto intraprese la via del ritorno con la salma del grande sovrano defunto. La Terza Crociata si concluse poi nel settembre 1192, e con scarsi risultati, perché fu ricuperata soltan- to una parte del litorale siro-palestinese. Dice Ignazio Cantù (Vicende della Brianza, 1853, vol. 1, pag. 95) del Barbarossa, che pure è rimasto nel ricordo popolare dei lombardi come il più dispietato degli antichi dominatori: "Era Federico gran maestro di guerra, grande e accorto politico in pace; egli sempre dov'era maggiore il pericolo; ammira- to dagli stessi avversari; di primo impeto, ma talvolta sfogato convertito l'odio in compassione, e fino in amore. Contristò l'Italia, ma assaporata la trista voluttà della vendetta si dolse della sua crudeltà e cercò ripararla. La sua morte fu compianta, il suo valore lungamente ricordato, e l'arte della guerra da lui sì