Pubblicazioni e documenti Il borgo sull'alta riva: Castrum Ripaltae Siccae. | Page 31

Risale a questo secolo il ripristino della cinta muraria a difesa dei piccoli centri, come ai tempi loro era stato costume dei Romani nell’ atto in cui costruivano il“ castrum” come punto di forza della loro strategia territoriale. Ma le ragioni di tale provvedimento furono ben altre. Già dall ' 898, gli Ungari o Magiari, di stirpe finno-tartarica, dopo aver scorrazzato per la Pannonia, avevano preso il vezzo di riversarsi in Italia attraverso il Friuli e, scorrendo tutta la valle del Po sui loro veloci e infaticabili cavalli, razziavano indisturbati villaggi e monasteri, e carichi di bottino si ritiravano nei loro territori in attesa di ripetere i massacri e gli incendi l ' anno successivo. Incapaci di opporre una valida resistenza a queste orde di feroci guerrieri, i vari re d ' Italia non trovarono di meglio che concedere benignamente a città e paesi il privilegio di cingersi di mura per difendersi da queste improvvise scorrerie. " Non avendo( gli Ungari) forse costumato di portar seco quegli attrezzi necessari per formare gli assedi a luoghi murati e difesi- dice il Fumagalli, in " Delle Antichità Longobardico-milanesi ", III, 240( Milano, 1793)- o non avendo voluto trattenersi, sul timore di perdervi il tempo inutilmente, estesero le loro scorrerie e rapine alla campagna e alle terre aperte, ove non incontravano resistenza: onde è che la città ed i borghi cinti di mura andavano per lo più esenti dalle loro crudeltà e devastazioni ". Qualche storico, però, nota giustamente che queste concessioni concorsero- certo in concomitanza con ben altri avvenimenti- allo " svolgimento " dei Comuni. E allo " svolgimento " dei Comuni contribuì anche la politica degli Ottonidi( Ottone I il Grande, Ottone II, Ottone III ed Enrico il Santo: dal 962 al 1024) e degli imperatori della dinastia salica poi( dal 1024 al 1125), quella politica che spostando progressivamente gli obiettivi delle investiture feudali dai laici ai vescovi-conti, fece sì che i grandi feudatari-guerrieri si arroccassero nei luoghi forti lontani dalla cerchia urbana, e i Vescovi- legati alla chiesa cattedrale, all ' episcopio, al santo patrono sotto la cui tutela secolare resa visibile dalla presenza delle sacre reliquie, la città viveva- fossero in tutto cittadini e partecipi della vita e delle vicende di quel popolo che andava progressivamente ricostruendo il tessuto civile economico e politico che avrebbe aperto la via al nascere delle autonomie comunali. A questo punto, dopo aver tracciato le linee essenziali dei grandi sviluppi storici che certamente interessarono- sia pure per riflesso- la vita dei piccoli centri, i più secondari, i più trascurati o negletti, è nostro dovere indagare se qualche documento, qualche segno qualunque di vita ci possa dare una prova dell ' esistenza di un villaggio o di un agglomerato di viventi che col tempo venne ad assumere il nome di Rivolta, sia pur passando attraverso denominazioni approssimative o generiche, quali del resto sappiamo esser state usate per altri paesi sorti sulle rive della vasta palude gerunda. Ma dobbiamo attendere fino al XII secolo per incontrare finalmente qualche documento che parla del nostro paese, il XII secolo che rappresenta per tutto il Medio Evo l ' inizio della grande rinascenza, preparata- come è ormai dimostrato- da un crescente fervore ricostruttivo che aveva investito tutto l ' occidente europeo dopo il Mille( ma anche immediatamente prima: questo per sfatare la leggenda del Mille e non più Mille). Fino al 1090 o ai primi del 1100 non esiste infatti documento che accenni a Rivolta, neppure in forma indiretta, e questo rafforza l ' ipotesi che il nostro paese non sia mai stato infeudato( come avvenne anche per Treviglio), valendo anche qui per contrasto l ' affermazione del Bloch( La Società feudale, Einaudi, pag. 373): " i campi senza signore sono campi senza storia ". Se storia non ci fu, se non v ' è traccia di permute o di compravendite o di liti o di donazioni documentate, possessi di stampo feudale non ce ne dovettero essere, salvo forse nella