Pubblicazioni e documenti Il borgo sull'alta riva: Castrum Ripaltae Siccae.

Una notte di tarda primavera del 1943, alla Stazione Centrale di Treviglio, si fermò un diretto provenien- te da Venezia con un ritardo più che ragionevole per quei tempi: un paio d'ore. Ne scesero pochissime persone: due uomini che si diressero subito al bar, scomparendo dietro una porta a vetri protetta da sottili strisce di carta che avrebbero dovuto evitarne lo sbriciolamento in caso di attacco aereo, una donna infa- gottata che scivolò svelta svelta verso l'uscita laterale riservata alle merci, e un militare che contraria- mente agli altri dava l'impressione di non aver nessuna premura di allontanarsi dal treno. Il quale treno, dopo uno stracco segno del capostazione, cacciò uno sbuffo ringhioso e se ne andò per gli affari suoi. Rimasero a vederlo dileguare nel buio l'uomo tutto in nero che bilanciava la sua flaccida pancia con le mani unite dietro la schiena a tenere la paletta, e il militare, stretto nella sua divisa diagonale, assurda- mente elegante come se andasse a una festa. Rimasero a guardarsi un momento, poi l'uomo disse: "Aspettate qualcuno?" (allora si dava del voi). "No, nessuno. Ho cinque giorni di licenza straordinaria per esami." "Fortunato. Treviglio?" "No. Rivolta". "Ah. E come ci arrivate, a quest'ora?" "Gambe". "Sarà meglio: a quest'ora non c'è un cane che vi porti. Oppure, aspettare la mattina, ammesso che arrivi qualcuno. Di questi tempi, i taxi, c'è rischio di doverli spingere più che farsi portare". E si allontanò ac- cennando con un dito un buffo saluto che sapeva di lontano ricordo di caserma. Allora, come è ovvio, c'era l'oscuramento. L'orologio della stazione segnava mezzanotte meno dieci, e non valeva la pena di attendere la mattina. Abituato a camminate di venti e venticinque chilometri per volta, per poi incontrare ben altro che i propri familiari, parve più che naturale al giovane non perdere tempo e inforcare la sua brava strada. Prima dell'una e mezza sarebbe stato a casa. Attraversato il piazzale della stazione, prese la vecchia strada che conduce al cavalcavia: e fin qui un po' di vita sembrava esserci ancora nelle case. Poi, il più morto silenzio. La strada per Casirate era deserta: Casirate chiusa in un buio ostile. Svoltò, dopo l'ultima osteria – quella