Portfolio 2018 | Page 77

32 | VITA & ARTI Eco di Biella | LUNEDÌ 3 SETTEMBRE 2018 PERSONE Veronica Lacara Miss Italia, biellese alle prefinali A Champoluc la carovana di Miss Italia ha sfidato la pioggia per l'elezione di Miss Valle d'Aosta 2018. La finalissima, nella cornice del resort CampZero, ha incoro- nato Federica Loiodice, 19 anni di To- rino. alta 1.74, studentessa all'Istituto Tec- nico Economico. Quinta classificata Ve- ronica Lacara, 18 anni, di Biella (foto a s i n i s t ra ) che ha “ereditato” dalla vincitrice della selezione la fascia di Miss Cinema Piemonte e Valle d'Aosta e pertanto ac- cede alle prefinali nazionali del concorso che prenderanno il via oggi a Jesolo. Intanto Michela Coraglia, 20 anni di Sommariva Perno (CN) è Miss Piemonte 2018: occhi verdi, alta 1.70, Michela è estetista ed ha vinto la finalissima del con- corso sabato alla Locanda Dell'Angelo di Montiglio Monferrato. «Per me è un emo- zione grandissima e inaspettata - ha com- mentato - cercherò di tenere alto il nome del Piemonte». Sul podio con la miss Ra- chele Barbera Audis 20 anni di Biella (se - conda a sinistra nella foto di gruppo) che però resta fuori dalla prefinale. L’INIZIATIVA Scavi al via In Burcina, alla ricerca del villaggio perduto C ’è probabilmente la no- stra storia più remota se- polta lassù, in cima alla Burcina, proprio dove svettavano le antenne finalmente rimosse qual- che tempo fa. Le tracce di un vil- laggio - risalente alla protostoria, tra l’Età del bronzo e l’Età del ferro - erano venute alla luce nel 1958, durante i lavori per la realizzazione della strada che porta alla sommità e gli scavi dell’anno successivo, a cui erano poi seguiti altri ritrova- menti casuali. Tracce numerose e di grande interesse: frammenti di vasellame e strumenti per l’ar tigia- nato tessile, che indicavano la pre- senza di un vero e proprio inse- diamento, durato secoli, e la mi- steriosa tomba celtica, che si può supporre facesse parte di una ne- cropoli. Eppure, dopo quei primi L’archeolo go Rubat Borel: «Dopo 50 anni probabili nuovi rinvenimenti» E un laboratorio ritrovamenti così promettenti, più nessuno aveva ripreso le ricerche. Ora forse è la volta buona. L’Ente di gestione - e in parti- colare il suo consigliere Alessan- dro Ramella Pralungo, che si oc- cupa della Burcina - hanno for- temente sostenuto la necessità di valorizzare l’aspetto archeologi- co del Parco. E nel marzo scorso la Fondazione Crb ha concesso un contributo che consente l’av - vio del progetto: i seimila euro di finanziamento permetteranno infatti di verificare l’interesse ar- cheologico dell’area e, se questo fosse confermato, di istituire un vincolo e di programmare una ricerca sistematica. L’indagine sarà diretta dall’archeologo Francesco Rubat Borel, della So- printendenza, che commenta: «Sulla Burcina ci sono le origini di Biella. Purtroppo ciò che sap- piamo deriva da scoperte avve- nute in modo confuso negli anni ’50 e ’60. Finalmente, dopo cin- quant’anni, faremo delle inda- gini scientifiche accerteranno il potenziale archeologico del cuo- re del Parco: scaveremo trincee sulla sommità e vedremo se ta- glieranno strati di interesse ar- cheologico, in modo da capire se c’è qualcosa, quanto c’è, dove ci sono le maggiori concentrazio- ni. Oltre alla ricerca del villaggio, verificheremo se ci sono altre tombe, cosa che ritengo molto probabile. Se i sondaggi rileve- ranno contesti rilevanti, potre- mo chiedere finanziamenti per ulteriori indagini. Certo, il sito è potenzialmente molto interes- sante: un tipico ‘abitato d’altura’ (quelli che in passato venivano chiamati ‘castellieri’) durato un migliaio di anni, probabilmente abbandonato quando le popola- zioni galliche iniziano a scen- dere in massa, come è accaduto in altri siti simili in Piemonte. L’Ente di gestione del parco ope- ra già su aree archeologiche di importanza nazionale, dalla Bessa al sito palafitticolo dei La- goni di Mercurago, e speriamo che si possa aggiungere presto anche la Burcina». Ma il progetto ha anche una finalità didattica, che sarà rea- lizzata dall’Associazione Le Mu- se di Torino, con il coordinamen- to di Angela Deodato, archeo- loga conservatrice del Museo del Territorio, che spiega: «L’idea, che trovo veramente illuminata, è che gli scavi rappresentino fin da subito una occasione per di- vulgare, per far capire che il la- voro dell’archeologo non è una caccia al tesoro ma un’a t t iv i t à scientifica. Si svolgerà in parte nella nuova aula didattica e in parte all’esterno di Cascina Emi- lia, dove sarà allestita un’area di scavo in cui i ragazzi potranno utilizzare gli strumenti dell’ar - cheologo: lì stiamo collocando reperti autentici, che verranno cercati e raccolti, compiendo tut- ti i passaggi. Sarà un laboratorio gratuito per i ragazzi della scuola di Pollone: se funziona, verranno avviati altri laboratori a cui po- tranno accedere tutte le scuole. Questo progetto pilota nasce dal- la convenzione che l’Ente parco ha stipulato con il Comune di Pollone e con la Sovrintendenza: una collaborazione che mi au- guro si possa presto estendere an- che al Comune di Biella». Gli scavi dovrebbero partire a breve. I reperti eventualmente rinvenuti andranno - come è av- venuto per quelli raccolti in pas- sato - al Museo del Territorio, dove verranno custoditi in depo- sito in attesa di essere puliti, stu- diati, catalogati e infine esposti. «E stiamo pensando - annuncia Deodato - ad un piccolo spazio museale in Burcina, dove esporre copie dei reperti e pannelli de- scrittivi, che invitino a visitare gli originali al MdT». l Simona Perolo LA STORIA I reperti raccontano il villaggio protostorico Ecco cosa c’era in cima La Burcina è un sito fonda- mentale per comprendere la storia del Biellese: i reperti ci mostrano che il colle fu fre- quentato almeno fin dall’a n- tica età del Bronzo, intorno al 1900 a.C., ma è tra l’età del Bronzo Recente e la prima età del Ferro (dal XIII al VI secolo a.C.) che si sviluppa un vero e proprio centro abitato, proba- bilmente collocato in cima al colle, sul pendio rivolto a sud. Per analogia con siti coevi, si ipotizza che le abitazioni fos- sero costruite con materiali deperibili (travi e assi in legno, rami intrecciati). Le pareti erano talvolta intonacate con argilla scottata, mentre il pa- vimento poteva essere in terra battuta o presentare un assito ligneo. In alcuni casi presen- tavano un basamento in pietra a secco e, per ovviare alla pen- denza del terreno, poggiavano su terrazzamenti artificiali. Le ceramiche, al confine tra culture. I frammenti di cera- mica rinvenuti, con le loro de- corazioni, ci permettono di collocare il Biellese all’i n t e r- no delle principali cerchie cul- turali dell’Italia nord-occi- dentale: la cultura di Cane- grate, il Protogolasecca e le fasi iniziali della cultura di Golasecca, di cui l’abitato del- la Burcina sembra rappresen- tare il confine occidentale, a contatto con l’areale tauri- n o - s a l a s s o. AL MUSEO Oggetti dal castelliere gallico della Burcina nella sala apposita del Museo del Territo- rio (in alto): sopra, la famosa brocca a becco Schn- abelkanne, il giallo della tomba celtica e reperti tessili. A sinistra l’archeologa e conservatrice An- gela Deodato La pintadera, alle radici del- la tradizione tessile. Un altro reperto di grande interesse, anche estetico, è la ‘pintade - ra’: un rullo forato in terra- cotta con motivi a spirale in- cisi che, cosparso di sostanze coloranti, permetteva di trac- ciare sequenze di spirali per decorare tessuto o cuoio. La sua presenza, insieme alle fu- saiole e ai pesi da telaio rin- venuti, ci fa ritenere che nel villaggio venisse praticata la tessitura e che, tra l’età del bronzo e l’età del ferro, siano esistiti in Burcina i lontani an- tenati dell’industria tessile… Il mistero della tomba cel- tica. Dopo il VI secolo a.C., l’abitato della Burcina fu pro- babilmente abbandonato e l’a- rea fu utilizzata come necro- poli, come fa ipotizzare la se- poltura (V secolo a.C.), venuta alla luce nel 1959 durante i lavori per la realizzazione del- la strada, proprio sulla som- mità del colle. La fossa era foderata da ciottoli a secco e coperta da un tumulo di pietre. Del defunto si conservavano alcuni frammenti di ossa, un copricapo in cuoio con parti metalliche, una sorta di cin- tura con passanti in bronzo. Il ricco corredo, disposto intor- no al corpo, includeva un’a- scia e un frammento di cu- spide di lancia (che suggeri- scono la figura di un guerrie- ro), una serie di attrezzi (una sgorbia, una lima e vari scal- pelli) che si riferiscono alla la- vorazione del legno, e una se- rie di oggetti che rimandano al dovere aristocratico dell’ospi - talità: la catena di sospensione di un calderone, gli spiedi ri- piegati e soprattutto la celebre ‘brocca a becco’ (Schnabel - kanne), un raffinato oggetto di produzione etrusca destinata a contenere il vino, arrivato fin quassù probabilmente attra- verso scambi commerciali. L’interesse della tomba sta nella ricchezza del corredo ma anche nella misteriosa iden- tità del defunto che, dalle ca- ratteristiche degli oggetti che lo circondavano, sembra esse- re stato un personaggio appar- tenente all’élite della sua co- munità, forse con un ruolo di guerriero ma anche con un le- game con la lavorazione del legno. Si ipotizza che potesse appartenere a quei gruppi di guerrieri gallici che valicarono le Alpi prima della grande in- vasione del IV secolo a.C. La presenza nel corredo della brocca di produzione etrusca documenta il fascino eserci- tato sui Celti transalpini dagli usi conviviali del mondo me- diterraneo, in particolare dal consumo del vino. l S.P.