Portfolio 2018 | Page 74

GIOVEDÌ 30 AGOSTO 2018 VITA & ARTI | 27 | Eco di Biella IL FESTIVAL A Vercelli CinemadaMare, film e videomaker da 50 paesi CinemadaMare è un festival in corso in questi giorni a Vercelli dove un centinaio di filmmaker provenienti da circa 50 Paesi fino a domenica gi- reranno i loro corti. La kermesse è alla sua quarta edizione e ogni giorno nella location dell’Univer - sità Avogadro si tengono workshop a tema cel- luoide, mentre ogni sera, alle 21, nel cortile dell’ex monastero San Pietro Martire sono proiettati ad ingresso gratuito i film della Main Competition di CinemadaMare e poi una pellicola varia. Stasera, giovedì, tocca a “Easy” di Andrea Magnani; do- mani, venerdì, al “La sedia della felicità” di Carlo Mazzacurati, sabato “Basta che funzioni” di Woody Allen; domenica si chiude con la proie- zione delle pellicole realizzate dai filmmaker. MUSICA CLASSICA Due giorni di eventi Viotti Day&Night Vercelli Musica, divertimento, storia, cultura, paesag- gio… e ancora musica per due giornate da vivere intensamente: tutto questo e molto di più riserva a giovani, famiglie e appassionati la seconda edizione del Viotti Day&Night che si terrà il prossimo 1 e 2 settembre. Vercelli e Fontanetto Po si trasformeranno in centri frenetici. Al cuore di questa iniziativa ci sarà naturalmente Viotti. Novità di questa edizione è la giornata di sabato interamente dedicata a Fontanetto Po con ini- ziative che spaziano dalla musica alla liuteria al teatro, quest’ultimo rappresentato dall’attore Giovanni Mongiano e dall’Ass. Teatro Lieve, importantissimi anche nell’organizzazione del- l’intero evento. Fulcro del programma vercellese sarò invece il concerto al Teatro Civico (domenica 2 settembre). Info www.viottidayandnight.it SACRO MONTE I restauri La Dimora di Maria ritorna alle origini G li abiti colorati, le acconciature elaborate, le tinte delicate dei volti, le espressioni e i movimenti delle fanciulle intente a lavorare o a leggere, sullo sfondo di colonne, volte, balaustre pullulanti di cherubini paffuti, deco- rate da fregi e ghirlande: al Sacro Monte di Oropa, la cappella della Dimora di Maria al Tempio sta per mostrare un volto nuovo ma nello stesso tempo antico. Per oltre un anno, infatti, il restauratore novarese Clau- dio Valazza - già autore di interventi analoghi ai Sacri Monti di Orta e Varallo - e La quarta cappella più di 100 statue uno spaccato di vi- ta biellese del Settecento la sua giovane collabora- trice Samanta Battioni han- no lavorato per riportare la cappella alla bellezza ori- ginaria: quella creata dal plasticatore Pietro Giusep- pe Auregio, che verso la fine del 1600 realizzò le oltre cento statue che po- polano la scena, e dal pittore e scenografo Gio- vanni Galliari, che nel pri- mo Settecento decorò le pareti e la volta con i suoi raffinati trompe l’oeil, se- condo la moda del tempo. Il lungo lavoro ha visto innanzitutto la rimozione delle rozze ridipinture stra- tificate nei secoli allo scopo di camuffare i danni del tempo e dalle intemperie: in particolare l’ultima, che nel 1968 ha ricoperto tutte le statue del Sacro Monte con vernici lavabili indu- striali, alterandone comple- LA CAPPELLA RESTAURATA La Dimora di Maria al Tempio (foto so- p ra ) è la quarta cappella del Sacro Monte di Oropa. I restauri sono alla fine e riguardano molte delle 100 statue che essa contiene. In pagi- na, una veduta dell ’interno della cappella restaura- ta e alcune delle statue anch’esse ri- portate allo splen- dore originale del S ettecento tamente i colori. Sono così riapparsi i cro- matismi originari, in par- ticolare il tenue incarnato dei volti - finora sepolti sotto una piatta vernice giallognola - e i colori intensi degli abiti: «Un trionfo di azzurri e di verdi - commenta il restauratore - colori preziosi, a base di azzurrite e malachite, che testimoniano come nella realizzazione della cappella (finanziata dalla comunità di Pralungo) non si fosse badato a spese». E poi c’è stato un lavoro di riparazione delle parti dan- neggiate, con stuccatura, ripristino dei pezzi man- canti e infine ritocco: «Non stato facile arrivare a que- sta decisione - prosegue Claudio Valazza - perché spesso, come è accaduto a Varallo, la Soprintendenza preferisce mantenere le ri- dipinture e non intervenire sulle parti danneggiate, considerandole parte della ‘storia’ del sito. Ma se- condo me è importante anche quello che alla fine si mostra al pubblico: in un museo è ovvio che non si ricostruisce nulla ma, in un posto come questo, se ad una statua manca il naso, finisce che la gente nota solo quello e dà un giudizio negativo all’intervento, an- che se magari è stato fatto uno splendido lavoro…». A metà ottobre, il restauro sarà terminato e la cappella sarà visibile: e lo sarà fi- nalmente anche dall’e s t e r- no, dal momento che pure gli infissi saranno riportati alla situazione originale, con una apertura sopra l’ingresso coperta solo da una grata sottile. E quello che potremo am- mirare sarà una scena di vita quotidiana di oltre tre- cento anni fa, con gli abiti, gli oggetti, le acconciature - tutte elaborate e tutte di- verse tra di loro - di quel- l’epoca: «Si tratta di un documento unico per co- noscere la società del tem- po - conclude Claudio Va- lazza - in pratica una fo- tografia istantanea ante lit- teram di un interno pie- montese del ‘700…». l Simona Perolo IL COLLOQUIO CON VANITY FAIR Parla il biellese direttore della Mostra del cinema Barbera, Venezia e i primi film a Occhieppo Alberto Barbera (che si sente «sempre un allenatore sul- l’orlo dell’esonero, uno yo- gurt in scadenza») è un biel- lese di spicco nel mondo culturale italiano, tanto più in questi giorni al centro delle attenzioni e (anche) delle po- lemiche - come direttore del festival del cinema di Venezia aperto ieri - per la scarsa presenza di film girati da donne scelti fra i concorrenti: una su 20. In una intervista su Vanity Fair uscita il 22 agosto il 68enne direttore rac- conta anche del suo passato biellese. «Nella sala parroc- chiale di Occhieppo Inferio- re, il mio paese, i film di prima visione - racconta - arrivavano con due anni di ritardo». A quasi 5 anni vide la sua prima pellicola: «Era un film di cappa e spada. Ebbi paura. Vidi una scena forte e uscii subito». E alla domanda “si sente un p r ov i n c i a l e ? ” ha risposto co- sì: «Lo sono. Come dice Pao- lo Sorrentino, la provincia somiglia a una stanza buia in cui vai a sbattere sempre mi ha dato. Valori autentici e senso di solidale condivisio- ne. Anche se oggi prendo voli transoceanici, le radici sono nel mio passato». ALBERTO BARBERA D i re t - tore a Venezia, 68 anni contro le stesse persone. Il luogo in cui sono nato era lontanissimo da tutte le gran- di trasformazioni che pre- ludevano al boom degli anni ’60 e la prima volta che la vidi, Torino, la città da cui non mi sono più mosso, mi sembrò New York. Ma non rinnego quel che la provincia E all’altra domanda, “co- m’era il giovane Barbera?”, ecco la risposta: «Un idealista che pensava si potesse cam- biare il mondo. Amavo il cinema, ma non avevo idea di come trovare un’occupazione per seguire la mia passione. Sono stato fortunato, ho ini- ziato a lavorare per la Gaz- zetta del Popolo come critico e poi al Festival di Torino. Sono stato segretario gene- rale e poi direttore compien- do tantissimi errori di in- genuità e inesperienza. Al- l’epoca me ne vergognavo tremendamente, poi ho ca- pito che senza sbagliare non sarei mai cresciuto né avrei mai potuto imparare una pro- fessione che all’epoca era situazionismo puro, scom- messa ardita e, a essere be- nevoli, tentativo creativo. Non c’era nessuno che ti insegnasse a dirigere una mo- stra». Infine, la politica, l’attualità: “che film farebbe vedere a Salvini? gli chiede l’inter vi- statore: “quello su Stefano Cucchi?”. La risposta: «Il film su Cucchi non dovrebbe vederlo solo Salvini o chi si occupa di ordine pubblico, ma chiunque abbia a cuore la salute della società. A Salvini mostrerei Human Flow di Ai Weiwei sul fenomeno biblico della migrazione, di fronte al quale qualsiasi ricetta di pic- colo cabotaggio si rivela fal- limentare». E per chiudere alcuni consigli sul festival: «The Mountain, di Alverson, un regista ame- ricano indipendente, il film dei Coen, il Suspiria di Gua- dagnino». Due parole anche sul padre a proposito della domanda “se si sente un secchione o perfezionista maniacale”. «Perfezionista maniacale - ha detto -, come mio padre che mi insegnò che non esiste dettaglio che conti più del tutto e che ogni cosa va curata a tempo debito...». l R.A.