Portfolio 2018 | Page 64

16 | PROVINCIA L’ESPERTO E non sbarrare loro la via di fuga Cinghiali, se si incontrano evitare movimenti bruschi POLLONE È questione di punti di vista: se ci troviamo davanti un animale selvatico, in genere non è lui che ci taglia la strada, ma è la strada che taglia il suo habitat, il suo spazio vitale. Ma nella pratica, che fare se, mentre camminiamo tra i boschi, ci troviamo la Eco di Biella | GIOVEDÌ 5 LUGLIO 2018 strada sbarrata da un grosso cinghiale? «Non è un animale pericoloso – ha spiegato Fabio dall’Osso - ma potrebbe fraintendere le vostre intenzioni, quindi oc- corre sapere come comportarsi. Innanzitutto, occorre evitare di fare movimenti strani: non agitarsi, non urlare, non agitare bastoni, non lanciargli pietre, non cercare di fotografarlo, non correre, non avvicinarsi, non scappare. Dovete invece retrocedere lentamente, senza mai voltargli le spalle; solo quando siete a di- stanza di sicurezza, giratevi e allontanatevi senza fret- ta. Non sbarrategli la via di fuga e, soprattutto se fa parte di un branco o se si tratta di una mamma coi suoi cuccioli, cercate di non trovarvi in mezzo: il cin- ghiale (nella foto due cuccioli) potrebbe correre verso il branco o verso i piccoli e travolgervi, anche senza avere l’intenzione di attaccarvi. E soprattutto, se ave- te con voi il cane, trattenetelo e impeditegli di ab- baiare o di inseguire il cinghiale: questo sì potrebbe farlo veramente arrabbiare! Insomma, mettetevi nei suoi panni e cercate di evitare incomprensioni». DIBATTITO L’analisi delle migliori pratiche per il contenimento Animali selvatici, etologia o fucili? Legambiente ne ha discusso con due studiosi sabato scorso in un seminario in Burcina POLLONE Quali sono gli ani- spugna’, che attrae nuovi in- dividui dall’ester no. mali selvatici nocivi e cosa si può fare per contenere la loro diffusione? Sabato scorso, al Parco Burcina, il seminario ‘Etologia o fucili?’, organizza- to da Legambiente, ha cercato di fare chiarezza sul tema, con l’intervento di due esperti: Fa- bio dall’Osso, veterinario spe- cializzato nel controllo della fauna selvatica e il biologo Sa- muele Venturini. La lista delle specie definite nocive è lunga, e comprende casi diversi. C’è la fauna au- toctona, cioè animali selvatici nostrani storicamente consi- derati dannosi, come il lupo o la volpe: molti a rischio estin- zione, visto che, fino a tempi recenti, era consentito elimi- narli con ogni mezzo. Ci sono poi gli animali domestici ab- bandonati o sfuggiti, che dan- no luogo a fenomeni di ran- dagismo ma creano anche, rinselvatichendosi e incro- ciandosi coi selvatici, ibridi di difficile gestione, come del ca- so degli incroci tra cane e lupo. E ci sono infine gli ‘alieni’, specie esotiche (alloctone) ac- cidentalmente o volontaria- L’INTERVENTO del consigliere regionale Vittorio Barazzot- to, tra i promotori della recente Legge regionale sulla caccia mente introdotte nel nostro ambiente dove, in assenza di nemici naturali, prendono il sopravvento sulle specie loca- li: è il caso delle nutrie, dello scoiattolo grigio o delle tar- tarughe dalle orecchie rosse. La colpa non è degli animali ‘dannosi’, che fanno sempli- cemente il loro lavoro: cerca- no di sopravvivere e di ripro- dursi. Si tratta invece sempre – hanno sottolineato i due stu- diosi – di problemi creati dal- l’uomo che, alterando l’eco - sistema, crea squilibri che la natura non fa a tempo a com- p e n s a r e. Risolvere il problema oggi è difficile e ogni intervento ri- schia di creare ulteriori danni. In particolare, gli ‘abbattimen - ti selettivi’ – il metodo oggi più utilizzato, perché è il più facile e sembra dare risultati imme- diati - in realtà si rivela inutile e perfino controproducente: si creano infatti ‘nicchie vuote’, con una maggiore disponibi- lità di spazio e di cibo, che consente agli esemplari rima- sti di rafforzarsi e di riprodursi più velocemente, e un ‘effetto Su grandi aree, occorre in- vece adottare un mix di so- luzioni per ridurre il danno - barriere fisiche, dissuasori, de- terrenti, coltivazioni a perdere su cui dirottare gli animali - e per rendere l’habitat meno propizio, come la riduzione della disponibilità di cibo e dei luoghi di riproduzione o la sal- vaguardia dei nemici naturali. Una soluzione efficace è la ste- rilizzazione, chimica o chirur- gica: gli esemplari continuano così ad occupare il loro spazio, prevenendo nuovi arrivi dal- l’esterno, ma il loro numero tende col tempo a diminuire. Certo, si tratta di interventi im- pegnativi e piuttosto costosi, ma sono gli unici in grado di offrire una soluzione definiti- va al problema, insieme ad un cambiamento culturale: «Dobbiamo capovolgere – hanno concluso i relatori – il nostro modo di affrontare il problema: non ci sono animali ‘c a t t iv i ’ e, se vogliamo parlare di specie ‘n o c ive ’, la peggiore di tutte è certamente l’uomo»! l Simona Perolo GLI ESPERTI Anche i rastrellamenti sono controproducenti «Gli abbattimenti non servono» POLLONE I cinghiali sono quasi estinti nell’Italia del dopoguerra – ha ricordato Fabio dall’Osso - ma negli anni ’60 e ‘70 sono i cacciatori ad immettere grossi esemplari originari dell’Est Europa, che si in- crociano coi piccoli cin- ghiali autoctoni e con i maiali, dando origine ad un ibrido molto grande e pro- lifico che finisce per co- lonizzare il territorio. Il problema viene poi aggra- vato da continue immis- sioni da allevamenti, sem- pre allo scopo di avere a disposizione selvaggina da abbattere. «Gli stessi cac- ciatori che li immettono poi vengono chiamati per abbatterli: un caso palese di conflitto di interessi»! Che fare, allora? L’etologia insegna che sono inutili e dannosi sia i ‘r a s t r e l l a m e n- ti’ (le cosiddette ‘girate’), che traumatizzano l’a m- biente e gli altri animali, sia gli abbattimenti, affidati a cacciatori che tendono ad abbattere i grossi capibran- co, provocando così sban- damento e dispersione del gruppo e un incremento di popolazione, perché gli esemplari più giovani si riproducono maggiormen- te. Occorre invece bloccare gli allevamenti, spesso clandestini, e agire sull’h a- bitat, riducendo le fonti di cibo a disposizione dei sel- vatici e proteggendo ade- guatamente le colture. «E soprattutto – ha concluso lo studioso – dobbiamo spe- rare che ritorni il lupo…» a testimonianza del fatto che gli equilibri di un eco- sistema sono garantiti dalla presenza di varie specie che non dovrebbero - spigano - venire a priori etichetta- tecome utili o cattive. l S.P.