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L’ESPERTO E non sbarrare loro la via di fuga
Cinghiali, se si incontrano
evitare movimenti bruschi
POLLONE È questione di punti di vista: se ci troviamo
davanti un animale selvatico, in genere non è lui che
ci taglia la strada, ma è la strada che taglia il suo
habitat, il suo spazio vitale. Ma nella pratica, che fare
se, mentre camminiamo tra i boschi, ci troviamo la
Eco di Biella | GIOVEDÌ 5 LUGLIO 2018
strada sbarrata da un grosso cinghiale? «Non è un
animale pericoloso – ha spiegato Fabio dall’Osso - ma
potrebbe fraintendere le vostre intenzioni, quindi oc-
corre sapere come comportarsi. Innanzitutto, occorre
evitare di fare movimenti strani: non agitarsi, non
urlare, non agitare bastoni, non lanciargli pietre, non
cercare di fotografarlo, non correre, non avvicinarsi,
non scappare. Dovete invece retrocedere lentamente,
senza mai voltargli le spalle; solo quando siete a di-
stanza di sicurezza, giratevi e allontanatevi senza fret-
ta. Non sbarrategli la via di fuga e, soprattutto se fa
parte di un branco o se si tratta di una mamma coi
suoi cuccioli, cercate di non trovarvi in mezzo: il cin-
ghiale (nella foto due cuccioli) potrebbe correre verso il
branco o verso i piccoli e travolgervi, anche senza
avere l’intenzione di attaccarvi. E soprattutto, se ave-
te con voi il cane, trattenetelo e impeditegli di ab-
baiare o di inseguire il cinghiale: questo sì potrebbe
farlo veramente arrabbiare! Insomma, mettetevi nei
suoi panni e cercate di evitare incomprensioni».
DIBATTITO L’analisi delle migliori pratiche per il contenimento
Animali selvatici, etologia o fucili?
Legambiente ne ha discusso con due studiosi sabato scorso in un seminario in Burcina
POLLONE Quali sono gli ani-
spugna’, che attrae nuovi in-
dividui dall’ester no.
mali selvatici nocivi e cosa si
può fare per contenere la loro
diffusione? Sabato scorso, al
Parco Burcina, il seminario
‘Etologia o fucili?’, organizza-
to da Legambiente, ha cercato
di fare chiarezza sul tema, con
l’intervento di due esperti: Fa-
bio dall’Osso, veterinario spe-
cializzato nel controllo della
fauna selvatica e il biologo Sa-
muele Venturini.
La lista delle specie definite
nocive è lunga, e comprende
casi diversi. C’è la fauna au-
toctona, cioè animali selvatici
nostrani storicamente consi-
derati dannosi, come il lupo o
la volpe: molti a rischio estin-
zione, visto che, fino a tempi
recenti, era consentito elimi-
narli con ogni mezzo. Ci sono
poi gli animali domestici ab-
bandonati o sfuggiti, che dan-
no luogo a fenomeni di ran-
dagismo ma creano anche,
rinselvatichendosi e incro-
ciandosi coi selvatici, ibridi di
difficile gestione, come del ca-
so degli incroci tra cane e lupo.
E ci sono infine gli ‘alieni’,
specie esotiche (alloctone) ac-
cidentalmente o volontaria-
L’INTERVENTO del consigliere regionale Vittorio Barazzot-
to, tra i promotori della recente Legge regionale sulla caccia
mente introdotte nel nostro
ambiente dove, in assenza di
nemici naturali, prendono il
sopravvento sulle specie loca-
li: è il caso delle nutrie, dello
scoiattolo grigio o delle tar-
tarughe dalle orecchie rosse.
La colpa non è degli animali
‘dannosi’, che fanno sempli-
cemente il loro lavoro: cerca-
no di sopravvivere e di ripro-
dursi. Si tratta invece sempre –
hanno sottolineato i due stu-
diosi – di problemi creati dal-
l’uomo che, alterando l’eco -
sistema, crea squilibri che la
natura non fa a tempo a com-
p e n s a r e.
Risolvere il problema oggi è
difficile e ogni intervento ri-
schia di creare ulteriori danni.
In particolare, gli ‘abbattimen -
ti selettivi’ – il metodo oggi più
utilizzato, perché è il più facile
e sembra dare risultati imme-
diati - in realtà si rivela inutile e
perfino controproducente: si
creano infatti ‘nicchie vuote’,
con una maggiore disponibi-
lità di spazio e di cibo, che
consente agli esemplari rima-
sti di rafforzarsi e di riprodursi
più velocemente, e un ‘effetto
Su grandi aree, occorre in-
vece adottare un mix di so-
luzioni per ridurre il danno -
barriere fisiche, dissuasori, de-
terrenti, coltivazioni a perdere
su cui dirottare gli animali - e
per rendere l’habitat meno
propizio, come la riduzione
della disponibilità di cibo e dei
luoghi di riproduzione o la sal-
vaguardia dei nemici naturali.
Una soluzione efficace è la ste-
rilizzazione, chimica o chirur-
gica: gli esemplari continuano
così ad occupare il loro spazio,
prevenendo nuovi arrivi dal-
l’esterno, ma il loro numero
tende col tempo a diminuire.
Certo, si tratta di interventi im-
pegnativi e piuttosto costosi,
ma sono gli unici in grado di
offrire una soluzione definiti-
va al problema, insieme ad un
cambiamento
culturale:
«Dobbiamo capovolgere –
hanno concluso i relatori – il
nostro modo di affrontare il
problema: non ci sono animali
‘c a t t iv i ’ e, se vogliamo parlare
di specie ‘n o c ive ’, la peggiore
di tutte è certamente l’uomo»!
l Simona Perolo
GLI ESPERTI Anche i rastrellamenti sono controproducenti
«Gli abbattimenti non servono»
POLLONE I cinghiali sono
quasi estinti nell’Italia del
dopoguerra – ha ricordato
Fabio dall’Osso - ma negli
anni ’60 e ‘70 sono i
cacciatori ad immettere
grossi esemplari originari
dell’Est Europa, che si in-
crociano coi piccoli cin-
ghiali autoctoni e con i
maiali, dando origine ad un
ibrido molto grande e pro-
lifico che finisce per co-
lonizzare il territorio. Il
problema viene poi aggra-
vato da continue immis-
sioni da allevamenti, sem-
pre allo scopo di avere a
disposizione selvaggina da
abbattere. «Gli stessi cac-
ciatori che li immettono
poi vengono chiamati per
abbatterli: un caso palese di
conflitto di interessi»!
Che fare, allora? L’etologia
insegna che sono inutili e
dannosi sia i ‘r a s t r e l l a m e n-
ti’ (le cosiddette ‘girate’),
che traumatizzano l’a m-
biente e gli altri animali, sia
gli abbattimenti, affidati a
cacciatori che tendono ad
abbattere i grossi capibran-
co, provocando così sban-
damento e dispersione del
gruppo e un incremento di
popolazione, perché gli
esemplari più giovani si
riproducono maggiormen-
te. Occorre invece bloccare
gli allevamenti, spesso
clandestini, e agire sull’h a-
bitat, riducendo le fonti di
cibo a disposizione dei sel-
vatici e proteggendo ade-
guatamente le colture. «E
soprattutto – ha concluso lo
studioso – dobbiamo spe-
rare che ritorni il lupo…» a
testimonianza del fatto che
gli equilibri di un eco-
sistema sono garantiti dalla
presenza di varie specie che
non dovrebbero - spigano -
venire a priori etichetta-
tecome utili o cattive.
l S.P.