GIOVEDÌ 21 SETTEMBRE 2017
PRIMO PIANO
| Eco di Biella
EVENTI AL PARCO
Domenica in Burcina
liberazione dei rapaci
Per godersi il parco in questo scorcio di estate,
ecco due buone occasioni offerte dalla sezione
di Biella-Vercelli della Lipu, Lega Italiana Pro-
tezione Uccelli.
Domenica prossima (24 settembre) alle 10 un
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evento che ogni anno attira un folto pubblico di
appassionati e curiosi: la liberazione dei rapaci
raccolti, feriti, curati e riabilitati nel Centro di
Recupero della Lipu di Asti (nella foto accanto
una precedente edizione).
La domenica successiva (1 ottobre), alle 15, un
laboratorio didattico dedicato ai più piccoli
sulla costruzione di nidi e mangiatoie. E’ ne-
cessario iscriversi (offerta libera) al
338-3017622.
REPORTAGE Nel giardino dei biellesi
La Burcina torna
a splendere
e sogna l’Unesco
Un nuovo studio
sui rododendri:
mappate 1.300
piante, unicità
cer tificata Le nozze coi fichi secchi Otte -
nuta dal cda dell’Ente la delega ad
occuparsi del parco biellese, il
neo-amministratore è partito lan-
cia in resta, con le poche risorse a
disposizione, per rimettere in se-
sto il prezioso giardino storico. E
poiché incredibilmente la Burci-
na, coi suoi 57 ettari, può contare
solo su tre addetti (un operaio e
due guardiaparco, uno dei quali si
occupa anche di manutenzione),
si è partiti da lì: «Ho trovato per-
sone di grandissima capacità, che
però non erano messe nella con-
dizione di lavorare al meglio, per
mancanza di motivazione e di au-
tonomia».
A loro si sono aggiunti alcuni ad-
detti delle altre aree gestite dal-
l’ente, e poi gli operai forestali del-
la Regione, che in passato erano
già intervenuti in Burcina ma non
erano finora mai stati impiegati
per la sua manutenzione: «Invece
di lavorare per fare stradine, come
in passato, ora ci hanno aiutati a
ripulire alcune aree e sono stati
molto, molto bravi, mossi anche
dall’amore per il territorio».
Si è dunque partiti utilizzando
quel che c’era, senza attendere fi-
nanziamenti esterni e senza spen-
dere una lira in manodopera. Ma
ci volevano gli strumenti giusti:
per questo è stato essenziale il ‘te -
soretto’ di 50.000 euro ottenuto -
grazie al pressing del consigliere
regionale biellese Vittorio Baraz-
zotto - da Regione Piemonte, con
cui è stata adeguata e moderniz-
zata l’attrezzatura a disposizione:
motoseghe, un’idropulitrice, un
verricello, un trattorino tosaerba,
vari strumenti che hanno note-
volmente velocizzato il lavoro in
Burcina e che ora restano in do-
tazione a tutte le aree dell’e n t e.
spostando il baricentro della sua
gestione in una realtà lontana - a
partire dal nome, ‘Ente di gestio-
ne delle aree protette del Ticino e
del Lago Maggiore’ - dal nostro
territorio, la situazione potesse
ulteriormente peggiorare. Inve-
ce, proprio il temuto cambio di
governance ha impresso una
svolta insperata nella vita del
parco. E’ infatti accaduto che, tra
gli amministratori del nuovo en-
te di gestione, sia stato nominato
Alessandro Ramella Pralungo,
florovivaista di Pollone, un au-
tentico fan della Burcina, come
lui stesso si definisce: «A me qua
il sangue bolle… si può dire che
la Burcina ce l’ho nel sangue:
basti pensare che mio bisnonno
Pietro stava alla Cascina Armo-
nica, che poi fu venduta a Gio-
vanni Piacenza, e dove adesso
c’è ancora mio cugino Gianfran-
co che porta su le mucche. E poi
sono ‘figlio d’ar te’, visto che già
mio padre era nel Comitato
Scientifico del parco». Via la vegetazione spontanea
Con queste risorse è iniziata l’o-
pera di recupero del parco: «Il pro-
blema - racconta Ramella - non
erano solo i rovi e le felci, ma
anche i selvatici che erano nati
spontaneamente da seme e che
stavano ricoprendo le piante or-
namentali. Da molto tempo in
Burcina non si eliminava nulla,
tutti avevano paura di tagliare. Ma
questa non è la Baraggia: un giar-
dino - come tutti i paesaggi creati
dall’uomo - va gestito, perché se
vai ad alterare l’equilibrio natu-
rale, poi sei anche responsabile di
mantenerlo, altrimenti a poco a
poco torna tutto com’era, la na-
tura riprende il sopravvento. Così,
abbiamo eliminato il degrado, to-
gliendo tutto ciò che non fossero
piante ornamentali o importanti
per il parco, tirando giù quintali di
agrifogli spontanei, aceri selvatici,
che soffocavano le piante più belle
e pregiate…».
Il risultato è sotto gli occhi di tutti:
il giardino appare pulito e ordi-
I miracoli a volte accadono. A po-
co a poco, sotto gli occhi increduli
(e sempre un po’ scettici) dei biel-
lesi, la Burcina - ufficialmente
‘Parco Felice Piacenza’, giardino
storico di grande valore botanico e
paesaggistico - sta ritrovando la
sua antica bellezza, ultimamente
alquanto appannata.
Una svolta inattesa. Solo un an-
no fa, pochi ci avrebbero scom-
messo. Da anni - in particolare da
quando, inserito in un Ente di ge-
stione regionale, aveva perso la
sua autonomia - il parco stava vi-
vendo un progressivo declino che,
tra il 2013 e il 2014, aveva rag-
giunto un livello di vero e proprio
degrado: rovi e felci a farla da pa-
droni, nessuna manutenzione, fi-
ne di tutte le attività scientifiche o
culturali. Sotto la pressione dei
mass media, si era attivato un in-
tervento di emergenza (in gran
parte finanziato da Fondazione
Crb), ma la situazione era gra-
vemente compromessa e pareva
difficilmente recuperabile. Quan-
do, a inizio 2016, la Burcina è
stata inglobata in un nuovo su-
per-ente che gestisce ben 14 aree
protette del Piemonte nord-orien-
tale, si è temuto il peggio: se gli
amministratori biellesi non erano
stati in grado di conservare questa
preziosa risorsa, si temeva che,
PARCO In alto e sopra uno scorcio
del parco dopo il restyling. In basso
uno dei grandi faggi rossi della Burci-
na, caduto improvvisamente il mese
scorso con Alessandro Ramella Pralun-
go che mostra il legno marcito
IL FATTO
Crolla il gigante
Era un faggio rosso
Si è schiantato improvvisamente, un po-
meriggio dello scorso agosto, uno dei
grandi faggi rossi che dominano la Conca
dei Rododendri della Burcina. Una “mor -
te” del tutto imprevista, dal momento che
l’albero era stato oggetto, come tutti gli
altri, di un recente controllo che non aveva
nato, e le zone più importanti - la
Conca dei Rododendri, la zona
delle ortensie, la vetta e la torre, il
lariceto, i dintorni del laghetto -
hanno ripreso, una dopo l’altra, la
loro fisionomia originaria. Ma
non si tratta solo di maquillage: le
piante ornamentali, liberate dal-
l’assedio delle essenze selvatiche,
finalmente ricevono aria e luce, e si
stanno rapidamente riprendendo.
E allo sguardo del visitatore riap-
paiono scorci e prospettive da tem-
po perdute, come la vista sul la-
ghetto recuperata proprio sotto al-
la cascina Emilia, la sede del par-
co. E poi ci sono stati i tanti in-
terventi di ripristino - i sentieri ta-
gliafuoco, le staccionate per la si-
curezza, le canaline di scolo del-
l’acqua, le strade livellate e in-
ghiaiate - e il recupero di parti
ormai dimenticate, come la bal-
conata al centro della Conca dei
Rododendri o l’antico sentiero che
porta alla Regione Cangio di Pol-
l o n e.
Oltre l’e m e r ge n z a Un piccolo
miracolo, che Ramella spiega co-
sì: «La Burcina era veramente
malridotta e riuscire a riportarla in
condizioni accettabili è stata una
battaglia dura. L’ho vinta perché
ho trovato persone eccezionali che
ci hanno lavorato, a partire dagli
addetti del parco: con loro, uti-
lizzando le loro conoscenze, ab-
biamo impostato un piano di ma-
però evidenziato segnali di criticità: il
tronco è infatti completamente marcito
all’interno, ma esteriormente appariva
perfettamente integro.
«Anche questo - spiega Alessandro Ra-
mella Pralungo - è uno degli effetti dei
cambiamenti climatici: le piante, stressate
nutenzione strutturato nel tempo,
che vada oltre l’emergenza, in mo-
do che i risultati ottenuti si man-
tengano nel lungo periodo».
E per guardare avanti, oltre a ri-
portare il giardino alla sua bel-
lezza di un tempo, è stato fatto un
altro passo importante: un nuovo
studio - che sarà a breve presentato
al pubblico - sulla Conca dei ro-
dodendri, che ha aggiornato la
mappa esistente, ricontando e
ri-catalogando tutte le piante (cir-
ca 1.300) e certificando il valore e
l’unicità del sito: «Sentivamo l’e-
sigenza di fare il punto della si-
tuazione, di sapere quali piante
erano nate e morte, e soprattutto di
sapere se esistevano altre realtà
simili. Oggi possiamo dire uffi-
cialmente che la Burcina è un uni-
cum, non esiste un’altra collezio-
ne di rododendri simile: non solo
dal punto di vista quantitativo ma
anche da quello qualitativo, per-
ché ospita varietà oggi non più
esistenti o ibridi nati qui. Dunque
custodisce una memoria storica di
grande valore».
Grandi progetti La vera novità è
che finalmente è ripresa una pro-
gettualità, si sta elaborando una
visione del possibile futuro: dal-
l’etichettatura di tutte le piante al-
lanuova aula didattica nella Ca-
scina Emilia; dal ‘Parco delle fia-
be’ ( u n’area dedicata ai bambini,
una sorta di scenario naturale per
da lunghi periodi di siccità, diventano più
vulnerabili e sono maggiormente soggette
ad attacchi di funghi e malattie. Ora do-
vremo effettuare un controllo approfon-
dito anche su tutti gli altri esemplari, per
verificarne le condizioni interne».
racconti e piccoli spettacoli) alla
valorizzazione delle potenzialità
archeologiche della zona, con
nuove ricerche e studi sugli antichi
insediamenti nell’area. E, soprat-
tutto, c’è il sogno di Ramella: «Il
progetto più importante a cui sto
lavorando, quello che spero di riu-
scire a portare a termine durante il
mio mandato di amministratore, è
quello di inserire la Burcina nel
Patrimonio dell’Umanità dell’U-
nesco: perché questa è un’aula di-
dattica a cielo aperto di 57 ettari,
che ospita - oltre alla Conca dei
Rododendri - un intero catalogo di
essenze rare e pregiate: caratte-
ristiche pienamente in sintonia
con gli obiettivi del World He-
ritage». L’iter per ottenere questo
prestigioso riconoscimento è stato
avviato: la documentazione è sta-
ta presentata e ora la parola passa
alla Regione, con il supporto del
consigliere regionale Vittorio Ba-
razzotto, che conferma: «La Bur-
cina ha tutte le carte in regola per
ambire a questo obiettivo e sto
cercando di ottenere il necessario
sostegno alla candidatura da parte
degli assessori regionali compe-
tenti».
Un obiettivo ambizioso che por-
terebbe, secondo Ramella, a un
duplice risultato: «Da un lato ser-
virebbe a ‘blindare’ il parco, ga-
rantendone la conservazione ot-
timale in futuro, per evitare che si
ripetano situazioni di abbandono
l S.P.
come quella degli ultimi anni.
Dall’altro, consentirebbe di valo-
rizzarlo al meglio, inserendolo in
un circuito di ampio respiro e fa-
cendone un elemento di attratti-
vità per tutto il territorio biellese».
Il Biellese latita Ma il territorio
sembra essere un po’ il tallone di
Achille di questo progetto. Da un
lato c’è la rete che sta crescendo
attorno al parco, tante sinergie -
con l’Istituto Agrario Gae Aulenti
di Biella, con la Scuola Agraria del
Parco di Monza, con l’U n ive r s i t à
di Torino, solo per citarne alcune -
che stanno prendendo forma. Dal-
l’altro il Biellese non è stato, al-
meno all’inizio, molto presente:
«Nei primi tempi - ammette Ra-
mella - non ho avuto un grande
sostegno, c’era parecchio scettici-
smo. Però devo dire che, nel mo-
mento in cui abbiamo iniziato a
lavorare, il territorio si è mosso e
ora sento una maggiore attenzio-
ne da parte di tutti. Io penso che il
progetto di valorizzazione della
Burcina sia uno di quegli obiettivi
in grado di unire tutti, perché può
diventare un punto di forza per
tutta la regione. Per questo spero
che, sulla candidatura Unesco, si
riesca per una volta a ‘fare squa-
dra’. Perché la Burcina deve tor-
nare ad essere il giardino dei biel-
lesi, un polmone che respira in-
sieme al territorio».
l Simona Perolo