Perchè la crisi | Page 43

40 “Perché la crisi” facilmente collassare, quindi, o implodere: esso è destinato, anzi, a creare periodicamente crisi economiche (le quali non sono cicliche, sebbene condizionate e determinate dalla quantità stessa di moneta, dalla sua velocità di “riproduzione”, dalle “forze-concorrenti” presenti nel settore, dalle volontà, decisioni umane, spesso arbitrarie, che ne determinano “l‟ammasso”, ovvero, la destinazione, l‟allocazione). E in una realtà, quale la nostra, esageratamente monetarista e globalizzata (considero, soprattutto, la velocità e la facile possibilità di spostare l‟allocazione delle risorse disponibili), il debito pubblico è, ancor di più ché in passato, un mezzo per assoggettare una nazione, specie se impossibilitata a battere moneta e a proteggere la propria economia. Il “popolo indebitato e immobilizzato” sarà sempre “tenuto per le briglie” dai “suoi creditori”. Oggi, quindi, il debito, quale mezzo di potere che bisogna “creare” e “alimentare”, se si vuole dominare o continuare a farlo! E questo si fa. Oltretutto, si genera un trasferimento di ricchezza dalle casse dello Stato e dalle tasche delle singole famiglie delle classi lavoratrici alle già pingue casse delle caste che detengono il potere politico ed economico (prima, ciò avveniva, specialmente, tramite l‟inflazione, specie quella non controllata, chiamata con un termine bruttissimo “galoppante”). Il valore reale del debito viene stabilito non dallo Stato che l‟ha sottoscritto, bensì dai suoi creditori: i quali sono in grado di farlo variare in funzione dei loro interessi. Altro che libero mercato! Nell‟era della globalizzazione, ovviamente, tali poteri reali possono trovarsi in mani di soggetti che, formalmente, non fanno parte del dato Stato, sebbene lo condizionino e l‟obblighino, lo pieghino ai propri voleri (i loro referenti locali, specie di vassalli, ben foraggiati - 51). Di tutto questo e d‟altro, è vero, abbiamo scritto nel 2011, nello studio “Perché la crisi”. Sennonché, certe “esternazioni” (parola che richiama il suono di “starnazzare”) del Presidente della Repubblica, per il quale, in sostanza, o si fa quello che decide il Governo (52) o si sarà schiacciati dalla Globalizzazione, mi hanno spinto a riproporre questo mio lavoro, senz‟alcuna presunzione e falsa modestia, insieme. A più di due anni di distanza da quando esso è stato scritto non è cambiato nulla nella situazione economico-sociale in cui si trovava l‟Italia e l‟analisi resta, purtroppo, valida e attuale. Il grossolano tentativo di disinformare (non credo, infatti, che il Presidente non sappia cos‟è la Globalizzazione e non abbia cognizione del suo essere oggi), prospettando la Globalizzazione come uno spauracchio prossimo venturo, fa amaramente sorridere. La Globalizzazione ha già schiacciato la rampante economia italiana che diversi lustri addietro si permetteva di gareggiare con 51 NOTA - Le azioni, gli atti dei nostri uomini politici e il loro tenore e stile di vita (non giustificato nemmeno dai lauti compensi ufficialmente accaparratisi) parlano chiaro. 52 NOTA – Governo “Letta”. Nino Marchese