Brevi nozioni di Vocabolario pistoiese
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Tutti sanno che in Toscana non ci sono dialetti e che si parla la lingua più pura d’Italia, quella di Dante, amata dal Manzoni che venne a “risciacquare i panni in Arno” per ripulire la sua scrittura da dialettismi.
Ebbene, nonostante questo, anche in Toscana ci sono curiose espressioni che variano da luogo a luogo; basta cambiar città che parole e modi di dire variano totalmente e capita che a volte neanche fra toscani si capisca di cosa si vuol parlare.
Anche Pistoia non sfugge a questa legge e basta sfogliare il Vocabolario Pistoiese, scritto da Lidia Gori e Stefania Lucarelli ed edito per la Società Pistoiese di Storia Patria nel 1984, per imbattersi in curiose espressioni o parole altrettanto particolari. Facciamo un po’ d’esempi.
La molletta usata per stendere i panni viene chiamata acchiappino, o, più brevemente, chiappino; rimettere la roba significa ravversare; il panaio è il fornaio.
Anche l’infanzia rivela interessanti espressioni: Si va a mimmi? significa andare a spasso; i coccini sono i pentolini in miniatura usati dalle bambine per giocare; andare a brigiotto significa essere portato sulla schiena dei genitori, mentre sbarbacipolla è un tipico gioco infantile in cui bisogna tirare via i bambini ancorati l’uno all’altro.
Fra i ragazzini è comune parlare di figura cacina per indicare una figuraccia; cianciucare una cilinga significa masticare una gomma da masticare; tra le offese compare èsse bbaato nel cervello, cioè essere cretino, andà a ffa n’dòmo, ovvero mandare a quel paese, mentre si usa l’epiteto di piro per indicare una persona stupida. Ovviamente i genitori, chiamati volgarmente mi ma’ e mi pa’, rispondono a tali offese dicendo Ti tiro una labbrata, cioè uno schiaffo.