INTERNO 1-2016 08/01/16 10.39 Pagina 7
di euro al mese nel complesso degli
Stati interessati. E in Italia si prevede
un gettito fiscale oscillante dai tre
ai sei miliardi di euro l’anno. Che
posizione ha preso la Ces su questo
tributo?
Da alcuni anni la Ces sostiene con
grande impegno l’introduzione della
Ttf e quindi considera positivo l’accordo raggiunto a dicembre. Esistono
due problemi di non poco conto, tuttavia, che vanno risolti. In primo
luogo, questa tassa è stata annunciata,
ma finora non abbiamo visto azioni
concrete, né a livello comunitario né
da parte dei dieci Stati interessati, in
direzione della sua effettiva attuazione.
Inoltre, nel caso in cui la Ttf sia concretamente introdotta, non è chiaro
come se ne vogliono utilizzare i proventi.
La Ces come propone di adoperarli?
Chiediamo che confluiscano in un
fondo comune europeo destinato a finanziare gli investimenti pubblici, per
evitare che siano ripartiti fra gli Stati
membri al solo scopo di rimpinguare
le casse statali dissanguate da anni di
austerità. La Ttf deve fare da carburante alla ripresa economica e non servire a tappare buchi nei bilanci nazionali.
Sono attualmente in corso i negoziati fra l’Unione europea e la Cina.
Esiste la possibilità che al colosso
asiatico sia riconosciuto lo status di
economia di mercato. Che cosa ne
pensa il sindacato europeo?
Non solo la Ces, ma anche il sindacato
mondiale e le organizzazioni nazionali
dei lavoratori respingono la proposta
di considerare la Cina un’economia di
mercato. Le stesse associazioni imprenditoriali europee sono fondamentalmente contrarie, così come il governo
statunitense. Non è possibile concedere questo status a un Paese che non
rispetta le convenzioni dell’Organizzazione internazionale del lavoro, non
garantisce ai propri cittadini il diritto
a ricevere una pensione, permette salari
minimi e non difende l’ambiente. Il
Nuova Finanza - gennaio, febbraio 2016 - Pag. 7
dumping sociale che fa la Cina è per
noi inaccettabile. Il problema è che
non esiste un negoziato vero e proprio
fra l’Ue e la Cina, bensì un accordo in
scadenza nei primi mesi di quest’anno,
che gli Stati membri non vogliono discutere individualmente ma a livello
comunitario. Finora questa intesa difendeva le imprese europee da
un’inondazione di merci cinesi tenute
artificiosamente a basso prezzo, ma alcuni membri della Commissione Ue
ritengono che l’accordo debba essere
rinegoziato, concedendo a Pechino lo
status ambito di economia di mercato.
Si tratta di un atteggiamento inspiegabile: gli Stati Uniti non hanno alcuna intenzione di assecondare il governo cinese perché difendono la
propria economia e noi per quale motivo non facciamo lo stesso? Sarebbe
un suicidio per l’Europa far decadere
l’accordo e negli ultimi mesi abbiamo
avviato una serie di colloqui su questo
tema con i Commissari Ue che seguono il dossier.