Notizie dalla Santa Croce - giugno 2014 Jun. 2014 | Page 19

qualunque cosa si faccia: non dovrebbe sorprendere se gli attacchi vengono dai giornali secolari. Ma quando questo lo fanno dei giornali cattolici? Non sto dicendo che coloro i quali hanno la sacra responsabilità di guidare la Chiesa devono essere immuni alle critiche o che giornalisti dovrebbero astenersi dal porre domande difficili su decisioni che vanno prese. Noi vescovi meritiamo critiche, ne abbiamo bisogno e le accogliamo. Ciò che sto dicendo è che non si possono avere reazioni burrascose ogni volta che un vescovo commette un errore, in modo tale che ci siano “buoni vescovi” e “cattivi vescovi” e venga messo in discussione ogni insegnamento della Chiesa, facendo sembrare che non accada niente di positivo in tutto il mondo cattolico. Quarta osservazione: dato che non ci fa piacere quando i media costruiscono delle caricature su di noi, allora anche noi dobbiamo evitare di stereotipare loro. Sicuramente, ci sono dei giornalisti che distorcono ciò che diciamo o facciamo, ma dobbiamo fare attenzione, in questi casi, a rispondere sempre con carità e amore. Seguiamo l’istruzione di Gesù: porgiamo l’altra guancia. Non reagiamo con invettive. Alle volte, dobbiamo rispondere e difendere la Chiesa da brutti attacchi, ma dobbiamo farlo in modo pulito e civile. Sono questa apertura e questa accessibilità a fare di Papa Francesco un talento della comunicazione. A partire dal giorno della sua elezione, il papa ha comunicato meravigliosi messaggi sull’amore, sulla benevolenza e sulla misericordia divine, sulla necessità per la Chiesa di essere a favore delle persone, dei poveri, combinando una rara capacità di insegnare la fede con la dimostrazione della sua bellezza interiore, della sua gioia. Come quinta osservazione, vorrei proporre un approccio catechetico. Non dobbiamo sottovalutare le lacune delle persone nella conoscenza della fede cattolica, dentro e fuori della Chiesa. Cose che noi consideriamo punti basilari della dottrina – l’Incarnazione, la Resurrezione, la Trinità, parole come “liturgia”, “Eucaristia” – restano spesso incomprese. Tutto ciò che noi possiamo fare per essere chiari, accoglienti e portatori di gioia per spiegare la fede, merita il nostro tempo e la nostra fatica. Sesto punto: mettere sempre Gesù al primo posto. Dobbiamo offrire Gesù prima di fare qualsiasi altra cosa. Mi piace usare un’analogia di padre Bob Barron, un altro grande comunicatore, il quale dice che se vuoi insegnare a qualcuno a giocare a baseball, devi farlo entrare nel gioco e lasciarlo provare, senza spiegare in un primo momento tutte le regole secondarie. È lo stesso con la fede. Noi offriamo Gesù, diamo il benvenuto nella Chiesa e poi iniziamo a spiegare le cose da fare e le cose da non fare. Quando i primi discepoli chiesero a Gesù dove vivesse, Lui non iniziò col dare una lettura del mistero trinitario, ma semplicemente disse: “Venite e vedrete!”. Settima idea: dobbiamo conoscere il nostro uditorio, dobbiamo sapere con chi stiamo parlando se vogliamo essere efficaci nella comunicazione. Gesù raccontava storie e parabole che sapeva sarebbero state capite dal pubblico con il quale si relazionava. Anche noi, se vogliamo parlare a un pubblico di giovani adulti, che sono coloro per i quali dobbiamo adattare il messaggio, dobbiamo usare creatività per raggiungerli. La Chiesa ha bisogno del meglio che noi possiamo offrire. Non occorrono solo persone che conoscano la fede: ma anche e soprattutto persone che sappiano renderla invitante, attraente. Traduzione all’italiano: Cecilia Galatolo Giugno 2014 19