Notizie dalla Santa Croce - giugno 2014 Jun. 2014 | Page 18
Esperienze S. Em. R. Card. Timothy M. Dolan
SETTE CHIAVI
PER COMUNICARE LA CHIESA
L
e parole che seguono
sono il frutto di ciò
che gli americani
chiamano “la dura scuola della
vita”. Non sono basate su uno
studio, non possiedo un
diploma in questo campo: “mi
sono fatto la pelle”
nell’interazione con i media
attraverso la pratica. Spero,
comunque, che le mie
osservazioni possano essere di
qualche aiuto.
Circa cinque anni fa, poco
dopo essere diventato
arcivescovo di New York, un
giornalista che lavorava per
una televisione locale venne nel
mio ufficio per un’intervista.
Dopo delle rapide presentazioni, lanciò la prima
domanda: “La storia della Chiesa è segnata dal rifiuto
per le persone omosessuali. Che cosa direbbe ad un gay,
cattolico, se fosse seduto qui di fronte a lei adesso?”. Mi
guardò con attenzione per vedere quale sarebbe stata la
risposta del nuovo arcivescovo.
Io risposi così: “La prima cosa che gli direi è che Gesù lo
ama, io lo amo, la Chiesa lo ama e che sono dispiaciuto
se io o altri nella Chiesa non sempre abbiamo ben
espresso questo amore. E poi gli farei sapere che è il
benvenuto o la benvenuta nella famiglia della Chiesa e
inviterei questa persona a prendere parte, con tutti gli
altri peccatori, al cammino di conversione del cuore”.
Non sono sicuro che la mia risposta corrispondesse a
ciò che il giornalista si aspettava. Esitò un momento.
Sembrava sorpreso e incuriosito. Poi iniziammo
un’interessante conversazione sull’insegnamento della
Chiesa. Abbiamo parlato del fatto che la Chiesa non
sempre ha vissuto ciò che professa e di come il suo
insegnamento possa essere, talvolta, capito male.
Spero che sia stata un’occasione di evangelizzazione e
sono felice di dire che quel giornalista mi ha chiamato
per altre interviste. Quell’esperienza mi ha permesso di
entrare con un buon piede nei mezzi di comunicazione
di New York. Penso che ogni vescovo, oggi, dovrebbe
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avere buoni rapporti con i
media, per favorire l’invito alla
conoscenza di Gesù e della
Sua Chiesa.
Permettetemi di fare sette
osservazioni al riguardo.
Per prima cosa, abbiamo
bisogno di autentica
professionalità in tutto ciò che
facciamo. Dobbiamo puntare
a standard elevati, e non mi
riferisco solo alla tecnologia.
Il modo in cui usiamo la
tecnologia, il modo in cui ce
ne serviamo deve incontrare
un elevato senso etico e
una grande professionalità.
Il modo in cui noi diciamo
qualcosa è importante tanto
quanto ciò che diciamo. Questa è una delle ragioni per
le quali ringrazio l’Università della Santa Croce, nel
contribuire ad elevare la comunicazione a “scienza
sacra”.
In seconda analisi, vorrei dire che se vogliamo essere
fedeli al nostro ministero, non dobbiamo mai avere
paura di dire la verità, nemmeno quando ci troviamo
di fronte a delle notizie spiacevoli! Le persone si
aspettano trasparenza dalla Chiesa. Se un sacerdote ha
problemi con l’alcol e gli viene tolta la sua parrocchia,
se un dipendente laico è stato scoperto a rubare denaro
dai fondi della diocesi, se un diacono permanente ha
ricevuto una denuncia per molestie sessuali, la nostra
gente vuole sapere prima da noi cosa è accaduto, non
dai media. Allo stesso modo, non dobbiamo temere di
comunicare le buone notizie!
Terzo aspetto: ogni comunicazione porta con sé una
certa visione delle cose e ha u