mio bagaglio. La terza e ultima regola è individuare
subito il gate dell’imbarco e recarmi nelle vicinanze nel
caso di grandi aeroporti.
Una volta che ho tutto sotto controllo, acquisto una
bottiglietta d’acqua, mangio qualcosa se ho fame e
poi mi siedo a leggere. La mia attività preferita, però, è
diventata immaginare le vite degli altri passeggeri.
In aeroporto passano persone provenienti da ogni
parte del mondo e dirette chissà dove. Nei luoghi
concerti, nonostante siamo circondati da migliaia di
persone, condividiamo con loro la routine della vita di
tutti i giorni o una passione, per cui non è raro che ci si
possa incontrare più volte e instaurare un rapporto.
Anche nei corridoi e nelle sale di un aeroporto si
incontrano migliaia di persone, ma, tra la fretta con cui
di
Si chiama Chiara, vive a Milano e, dopo una sessione di
esami all’università, ha deciso di prendersi una vacan-
za e di andare a trovare un’amica a Barcellona. Chiara è
una perfetta sconosciuta in coda accanto a me prima
dei controlli all’aeroporto di Milano Malpensa.
Non so se Chiara è il suo nome e se vive a Milano, ma
così è scritto sulla targhetta nella sua valigia. Metto in
conto che la valigia possa essere il prestito di un fami-
liare, di un amico o di un parente. Il resto sono solo
supposizioni. Ipotizzo che possa essere una studentes-
sa sia dall’età, che stimo tra i venticinque e i trent’anni,
sia dal libro di cui intravedo la forma nello zaino com-
presso. Dall’abbigliamento e dal cappello che indossa
deduco, invece, che stia andando in vacanza in una
località di mare. Guardando velocemente il tabellone
delle partenze, limitandomi alle prossime due ore,
penso che la meta della presunta Chiara possa essere
una tra Barcellona, Lisbona e Marsiglia. Viaggia da sola
e da Milano, la sua città, quindi potr ebbe andare a
trovare qualcuno, magari un’amica che si è trasferita
all’estero. Scelgo Barcellona per una questione statisti-
ca, visti i tanti italiani che ospita.
Negli ultimi anni, a parte rare eccezioni, ho sempre
viaggiato da solo e, come tante altre persone, ho gene-
rato una routine da aeroporto che applico a ogni viag-
gio e composta da tre semplici regole. La prima è
arrivare sempre con largo anticipo in aeroporto,
almeno un’ora e mezza prima della partenza. Non sono
pronto a rischiare di arrivare in ritardo, dover correre in
aeroporto con la valigia, sentire l’altoparlante chiama-
re il mio nome, sopportare gli sguardi di rimprovero
del personale di terra e dei passeggeri, già accomodati
nei loro posti. La seconda è non perdere tempo ai
controlli e arrivare sempre preparato: carta d’identità
in tasca, carta d’imbarco pronta sul mio smartphone,
cintura in una tasca della valigia, pronta per essere
tirata fuori solo dopo i controlli, niente monete o chiavi
in tasca, scarpe di gomma, niente liquidi o oggetti
pericolosi nel bagaglio. Passo sempre i controlli senza
laurentina
l’apparente mancanza di interessi comuni (a parte
prendere un aereo), è quasi certo che quelle persone
minuti, ma che poi, come spinti dalla forza centrifuga
di un’esplosione, prenderanno direzioni diverse senza
entrare mai in contatto. Questo pensiero mi ha sempre
creato un forte disagio ed è per questo, per limitare
questa sensazione, che mi piace immaginare le vite
degli sconosciuti che incrocio. Il loro aspetto, i loro
abiti, i loro atteggiamenti, le loro voci, le loro mete, mi
suggeriscono sempre delle storie.
Io e la presunta Chiara camminiamo uno accanto
all’altra nella coda per i controlli. Ogni tanto i nostri
sguardi si incrociano. Al momento di posare le valigie
sul nastro, con un ampio gesto del braccio, lei mi invita
a passare avanti, ma, sfoggiando uno dei miei migliori
sorrisi, le rispondo:
- Assolutamente no, eri almeno due centimetri davanti
a me, vai prima tu.
La presunta Chiara mi sorride e mi ringrazia. Finiti i
controlli, sembra aspettarmi.
- Per caso vai a Barcellona?
- No, torno a casa, vado a Catania.
- Quando parte il tuo volo?
- Tra circa un’ora e mezza.
- Anche il mio. Ti va se aspettiamo insieme?
- Certo, con grande piacere.
Mentre ci allontaniamo dalla zona controlli, per qual-
che secondo rimaniamo in silenzio e, per evitare
l’imbarazzo che si è creato, mi sento in dovere di dire
qualcosa:
- Vado spesso a Barcellona, lo scorso anno, in questo
periodo e partendo proprio da Milano.
Quindi un anno fa avremmo preso lo stesso volo.
- In realtà non starò a Barcellona. Lì ci abita una mia
amica e domani insieme andremo a Palma di Maiorca.
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