#Nel contagio (cose mai udite) Pratiche da Salasso NEL CONTAGIO | Page 2

Nel contagio (cose mai udite) Il plagio in diritto penale era contemplato con l’art. 6o3 stabilendo una pena che andava dai cinque ai quindici anni di reclusione per chi sottoponesse "una persona al proprio potere in modo da ridurla in totale stato di soggezione" . Fu il legislatore delegato fascista con il codice penale, approvato nel millenovecentotrenta e tuttora in vigore, a prevedere per la prima volta il reato di plagio (art. 603 c.p.) distinto dal reato di riduzione in schiavitù contemplato dall’art. 600 c.p. Non favorevoli a questa distinzione furono i pareri espressi dalla Commissione parlamentare incaricata della stesura del codice, dalle Commissioni reali degli avvocati e procuratori di Napoli e Roma e dalla Corte d'Appello di Napoli perché nell'azione del plagiario sul plagiato si doveva ravvisare l'intenzione di trarne un vantaggio. Successivamente il 26 maggio 1961 la Corte di Cassazione definì il plagio come "l'instaurazione di un rapporto psichico di assoluta soggezione del soggetto passivo al soggetto attivo". La Corte Costituzionale con la sentenza n. 96 del millenovecentottantuno sancì incostituzionale l’art.603 perché era difficile verificare la fondatezza e l’accertamento di tale reato con criteri logico-razionali: «Fra individui psichicamente normali, l’esternazione da parte di un essere umano di idee e di convinzioni su altri esseri umani può provocare l’accettazione delle idee e delle convinzioni così esternate e dar luogo ad uno stato di soggezione psichica nel senso che questa accettazione costituisce un trasferimento su altri del prodotto di un’attività psichica dell’agente e pertanto una limitazione del determinismo del soggetto.