System change qui ed ora
29 novembre : sciopero generale e manifestazione nazionale a
taranto
Negli ultimi mesi la questione ambientale è
tornata ad essere al centro del dibattito pub-
blico, ha portato milioni di persone in piazza al
grido di ‘’there is no a planet B’’, ha fatto driz-
zare le orecchie alla classe politica europea
e nazionale obbligandole a riaggiornare le
agende in materia di green economy, ha riat-
tivato movimenti ambientalisti di diversi stati
del Sud America che vedevano intere aree
della Foresta Amazzonica date alle fiamme.
A fronte di questi fenomeni ci è sembrato
necessario dedicare un numero di ‘’SottoSo-
pra Press’’ alla questione climatica, cercando
di fare emergere alcuni aspetti che spesso
nei canali di divulgazione mainstream o nel
dibattito sono trascurati, ma che non pos-
sono non saltare all’occhio.
Il punto di partenza più vicino sono ov-
viamente le nostre Università che, pur man-
tenendo relazioni piuttosto discutibili con
soggetti che nulla hanno a che fare con la
sostenibilità ambientale e lo sviluppo umano,
sembrano essersi all’improvviso ricoperte di
un immacolato volto verde.
Un’ipocrisia comune a quelle istituzioni che
parlano di green economy e di green new
deal senza dire chi pagherà il prezzo della
transizione ecologica e in quali paesi verran-
no spostate le emissioni di Co2 che l’ Europa
verde, paladina delle delocalizzazioni, intende
ridurre.
Abbiamo
poi cercato di allargare lo
sguardo a una lotta ambientalista che da più
di trent’anni invece si cerca di mettere a ta-
cere. Parliamo, ovviamente, del movimento
NOTAV, della Valle che resiste e delle ultime
misure repressive durissime che hanno col-
pito dodici attivisti. Una battaglia che è pri-
ma di tutto un esempio di come produrre
attivazione raccontando la verità riguardo a
un’ opera tanto inutile quanto dannosa per
l’intero ecosistema, ma che negli anni è sta-
ta venduta dalle lobby industriali e da un’ in-
tera classe politica come indispensabile per
un fantomatico progresso indiscriminato.
Alle porte del Quarto Sciopero Globale
per il clima abbiamo quindi cercato, come
Redazione di un giornale di controinfomazi-
one, di indagare le cause che hanno porta-
to a mobilitazioni tanto numerose e sentite.
I fattori sicuramente sono molteplici, ma
probabilmente uno dei più incisivi è stata, non
a torto, la portata emergenziale del problema.
Infatti il drastico aumento della temperatura
globale è diventato una minaccia alla so-
pravvivenza della razza umana sulla Terra;
il riscaldamento climatico sta portando alla
scomparsa di alcuni ecosistemi, oltre che allo
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scioglimento dei ghiacci e all’innalzamento
dei mari, il cui rischio è di far scomparire in-
tere città e addirittura interi stati nel giro di
50, 100 anni. Le drammatiche immagini delle
ultime settimane di Venezia in ginocchio stan-
no lì a testimoniarlo.
L’effetto dell’attività umana su ques-
to pianeta ne sta cambiando irreversibil-
mente le sorti. In particolare sono le ingen-
ti deforestazioni, il consumo costante di
acqua dolce e l’inquinamento derivante
dalle massicce emissioni di gas ad essere
tra le azioni più impattanti per l’ambiente.
Senza nulla togliere all’importanza di op-
erare scelte più consapevoli riguardo ai con-
sumi personali e alla riduzione degli sprechi
che ogni giorno produciamo come cittadini,
pensiamo sia utile dare uno sguardo d’in-
sieme anche ai dati: 100 multinazionali pro-
ducono oltre il 70% dell’inquinamento mon-
diale, Il 30% dei capi d’abbigliamento viene
buttato senza essere mai venduto e utilizza-
to,in Europa ci sono 11 milioni di case inabitate.
A livello mondiale, produciamo cibo per 12 mil-
iardi di persone. Circa 88 milioni di tonnellate
di cibo altrimenti edibile da umani, animali o
utilizzabile per la produzione di energia ven-
gono buttate in Unione Europea ogni anno
.
Contemporaneamente a Taranto il rischio
di ammalarsi di tumore è aumentato del
500 % e lo stato italiano, pur di non pren-
dersi le proprie responsabilità e affron-
tare una riconversione ecologica di uno
dei principali poli industriali del Mezzogior-
no è pronta a chiudere l’intero stabilimen-
to lasciando a casa centinaia di lavoratori.
In questo contesto di crisi il sistema capitalisti-
co in cui viviamo è stato incapace di risolvere
i problemi su ogni ambito che attiene alla vita
su questo pianeta, anzi ne è stata la princi-
pale causa: in nome del profitto, sono stati
rasi al suolo interi continenti, distrutte fauna e
flora di enormi territori, consumate senza lim-
ite le risorse naturali e messa a rischio la sa-
lute di migliaia di lavoratori in tutto il mondo.
Se così stanno le cose e davvero abbia-
mo solo dodici anni prima di superare la
soglia del non ritorno (i fatidici 1,5 gradi che
porterebbero a cambiamenti climatici irre-
versibili), non possiamo limitarci a chiedere
delle migliorie a un sistema che si è di-
mostrato incompatibile con l’uomo e la nat-
ura, che è insostenibile da quando estrae
materie prime devastando i territori degli
indios del Sud America, a quando delocaliz-
za laddove può sfruttare meglio la manod-
opera e passare sopra ad ogni accordo in
materia di politiche ambientali comunitarie.