My first Publication Sottosopra numero 3 | Page 11
poi coinvolto altre fabbriche molto inquinanti.’’
A distanza di anni, vedendo vicende si-
mili, come quella legata all’Eternit di Casa-
le Monferrato, all’ACNA di Cengio che av-
velenò la val Bormida alla fine degli anni
novanta, fino alle ultime notizie di cro-
naca (come quelle che riguardano l’Ilva
di Taranto), possiamo considerare
quel-
lo che è successo a Ciriè ancora attuale ?
‘‘Si, assolutomante. Anche se oggi si hanno
maggiori informazioni sui rischi reali delle so-
stanze che si usano, i rischi sul lavoro conti-
nuano ad esserci. Basta vedere gli ultimi anni
e temo che vicende come queste si riepete-
ranno. Penso che ci siano interessi divergenti
tra i dirigenti, i proprietari e i lavoratori. Tan-
to che noi vogliamo portare alla luce questa
vicenda, anche se vecchia, perché pensiamo
sia ancora molto attuale. I diritti dei lavorato-
ri dovrebbero essere sottilineati ogni giorno.
Con i mezzi che abbiamo oggi è quasi impos-
sibile che i lavoratori non sappiano ciò che è
nocivo nel loro lavoro, detto questo il lavoro
oggi è più che mai necessario per sopravvi-
vere. E quindi si mantiene il solito ricatto che
forse si può risolvere solo con la consapevo-
lezza che muove in modo comune i lavoratori,
come è avvenuto per l’Ipca dove a denunciare
le condizioni furono inizialmente pochissimi.’’
Da dove nasce la scelta di portare questa
vicenda su un palco ? Quali pensi possa esse-
re il ruolo del teatro nel raccontare una sto-
ria come quella della “fabbrica del cancro”?
Io credo che il teatro, come anche il buon
cinema, sia un mezzo molto efficace per ave-
re un impatto sociale. Il teatro oggi, anche se
meno raggiungibile di altri mezzi crea in modo
molto più forte il processo di immedesima-
zione tra il pubblico e il narratore. Davanti ad
un’opera rappresentata il pubblico si mette nei
panni dei personaggi, si chiede cosa avrebbe
fatto al posto loro e la narrazione diventa un
po’ sua. Per noi il teatro non è fine a sé stes-
so, ma deve comunicare, crediamo in un te-
atro di civilizzazione. È questa la differenza,
il pubblico torna a casa non solo con delle
informazioni, ma con qualcosa in più, un input
maggiore che porta ad approfondire l’argo-
mento, ad aumentare l’interesse, la riflessione
e quindi a creare maggiore consapevolezza
La Redazione.
LA ZOOTECNICA: UN’ECONOMIA FORMATO
ANIMALE
“Cowspiracy the sustainability secret” è un
documentario inchiesta uscito nel 2014, gi-
rato da Kip Andersen e Keegan Kuhn che
si pone come obbiettivo l’analisi del mondo
della zootecnica e degli allevamenti animali in
America, e di come questo influenzi l’ambiente.
Girato tramite la tecnica documentaristica e
della durata di un’ora e mezzo, vanta come
produttore esecutivo Leonardo Di Caprio, Vip
e star cinematografica che negli ultimi anni si è
posto in prima linea nella questione ambientale.
In questa pellicola il protagonista, un’aspir-
ante ecologista, si trova a scoprire cercando
di informarsi sull’effetto serra , verità deleterie
che vanno ben oltre la concezione dello stret-
to legame effetto serra/combustibili fossili.
Partendo da un’ottima fotografia e da un
montaggio interessante, condito da interviste
a esponenti importanti del mondo ambiental-
ista, ciò che più ci colpisce dell’indagine svol-
ta è la totale ignoranza voluta o meno che
regna sull’argomento.
Nonostante sia comunque un film precedente
al fenomeno mediatico di Greta Thunberg, si
pone ancora come innovativo per le critiche
che apporta alle grandi associazioni ambien-
taliste e per l’interesse che riserva non tanto
all’industria della carne in sé per sé, ma piut-
tosto alle risorse necessarie a mantenerla, af-
frontando anche la delicata questione delle
coltivazioni della soia delocalizzate in Brasile,
uno dei principali fattori di distruzione della
foresta amazzonica.
È impossibile tuttavia non contestarne
un’ingenuità di fondo e una semplic-
ità quasi infantile nel finale del filmato.
Infatti il protagonista, aspirante ambientalista,
dopo il suo rocambolesco viaggio sceglierà la
strada del veganesimo, evidenziando come
questa sia l’unica opzione ecosostenibile.
Lungi da me criticare la non assunzione di
carne, non basta questo per fermare il dis-
astro ambientale e non è da ricercarne le
cause meramente negli allevamenti intensivi.
Purtroppo una scelta che non com-
prenda nell’alimentazione animali o deri-
vati animali , pur ammirevole, non tiene
conto che il disastro climatico è conseg-
uenza non delle nostre scelte alimenta-
ri, ma
del sistema economico neoliber-
ale di cui le aziende produttrici sono figlie
Detto ciò, è un ottimo documentario mol-
to dettagliato e preciso nei dati, con
un’ ottima grafica che spiega in mani-
era essenziale gli effetti incontestabi-
li e troppo spesso ignorati della zootecnica.
Elena
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