tolineano la natura di condizione radicalmente biopsicosociale, che non tollera semplificazioni e vanifica qualsiasi chiave di lettura utilizzata da sola e non integrata( Bignamini, 2014, p. 34).
Nonostante ciò, persiste nel senso comune una rappresentazione sociale della dipendenza come vizio o devianza, che comporta disapprovazione morale e stigma sociale.
Lo stigma persiste benché negli ultimi anni si stia assistendo a un processo di « normalizzazione » del consumo, in cui « la fruizione di sostanze psicoattive si delinea come una delle tante forme di consumo voluttuario »( Bertolazzi, 2009, in Corposante & Lovaste, p. 20). In Italia oltre due milioni di persone si stima che facciano uso di sostanze, spesso nella forma del policonsumo( l’ uso contemporaneo o alternato di più droghe).
D’ altra parte, però, vi è una minoranza di consumatori che transita verso forme di abuso o di dipendenza patologica, frequentemente associate a comportamenti antisociali e devianti( furti, spaccio, aggressività).
Tutto questo fa sì che si assista, contemporaneamente, da un lato a una maggior accettazione sociale dell’ uso di sostanze, in particolare cannabis e alcol, con un conseguente affievolimento del giudizio negativo correlato allo stigma, dall’ altro alla presenza di allarme sociale e alla richiesta di controllo e repressione.
Lo status di illegalità delle sostanze psicotrope rafforza questa dimensione di ambivalenza.
Persone non meritevoli di compassione Una ricerca effettuata in provincia di Sondrio( 2) ha fatto emergere una sorta di graduatoria dello stigma: dopo gli ex detenuti, la tipologia di persone più stigmatizzata risulta essere quella dei consumatori abituali di eroina. Un minore stigma viene attribuito a persone che soffrono di schizofrenia, di depressione o con problemi di alcol-dipendenza.
La rivista The Lancet ha pubblicato un interessante articolo, in cui si evidenzia come le persone che fanno uso di sostanze psicotrope siano considerate meno meritevoli di compassione rispetto ad altri pazienti non tossicodipendenti, in quanto i problemi di salute sarebbero auto-inflitti( malattia come colpa) e l’ uso di sostanze giudicato un fallimento morale o personale( Beyrer, Malinowska-Sempruch, Kamarulzaman & Strathdee, 2010).
Inoltre, è stata condotta di recente una revisione sistematica( Van Boekel, Brouwers, Van Weeghel & Garretsen, 2013) con l’ obiettivo di valutare gli atteggiamenti degli operatori sanitari nei Paesi occidentali riferiti a pazienti con disturbi da uso di sostanze, e di esaminare le conseguenze di questi atteggiamenti nell’ erogazione delle cure sanitarie.
La ricerca, che fornisce un’ ampia e aggiornata visione d’ insieme, ha rilevato che i professionisti sanitari generalmente hanno un atteggiamento negativo nei confronti dei pazienti con problemi legati
2 / L’ indagine è stata realizzata all’ interno del progetto « Lavoro e psiche: un incontro di opportunità » promosso dalla Direzione Generale Sanità della Regione Lombardia, con l’ obiettivo di conoscere la percezione della popolazione in generale e del mondo aziendale riguardo al tema della malattia mentale. In particolare è stato studiato il fenomeno dello stigma verso le persone che soffrono di patologie psichiche ponendole a confronto con altre condizioni sociali tipicamente connotate da stigma: ex detenuti, tossicodipendenti, ecc.
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