è stata anche assessore alla
sanità in Regione Piemonte),
Pietro Polito, filosofo della
politica, direttore del Centro
studi Piero Gobetti a Torino, e
Felice Addario, giovane laure-
ato in sociologia (nato nel 1991
a Corato, provincia di Bari),
collaboratore di Animazione
Sociale.
sociale: è sintomatico che
Gobetti, in una lettera inviata
a una donna giovanissima, che
sarebbe poi diventata sua mo-
glie, Ada Prospero, dica che
questa «rivistina», così chiama
«Energie nove», ha l’intento di
«muovere idee in questa stan-
ca Torino».
A me sembra che «muove-
re le idee» sia l’ufficio molto
impegnativo che lui assume giovanissimo
e che porta avanti con coerenza ferrea.
E questo, per me che sono nato più di
cent’anni dopo, e a cui anche tocca vive-
re in un tempo di crisi, è impressionante.
Gobetti, in una frase illuminante, mette
in guardia sul rischio di pensare alle crisi
come a un alibi: un alibi per non fare, per
non dire, per non muoversi. Le crisi, dice
Gobetti, sono sempre esistite e sempre esi-
steranno. Non devono diventare un alibi
per l’inerzia o la paura.
Per uscire dalla
crisi del nostro
tempo con
soluzioni diverse
dal rancore,
dovremmo
cominciare a
cambiare il
racconto.
Vorrei introdurre la questione dei
diritti oggi, partendo dal libro di
Paolo Di Paolo, «Mandami tanta
vita». Un libro in cui si tematizza
l’impegno e la passione per i
diritti a partire da una figura
straordinaria del ʼ900, Piero
Gobetti.
Paolo Di Paolo
Sì, il libro è il tentativo di ricostruire
in chiave narrativa l’itinerario esistenziale
di Piero Gobetti, intellettuale antifascista,
morto esule a Parigi a soli 24 anni. Quello
che Gobetti fa a Torino, tra i 17 e i 24 anni,
è straordinario. Tra l’altro in una fase della
vita in cui, soprattutto oggi, si sta nell’an-
ticamera dell’esistenza. Certo, 20 anni nel
1920 non erano i 20 anni di oggi, però è
straordinaria la sua capacità di dialogare
da pari a pari con intellettuali che hanno il
doppio, il triplo dei suoi anni, di coinvol-
gerli nella sua militanza che nasce quan-
do, ancora liceale, fonda la prima rivista,
«Energie nove».
Quello che mi ha colpito della sua vi-
cenda, al di là della genialità e dell’intem-
peranza, è il fatto che si svolge in un tempo
di crisi. Crisi economica: sono gli anni che
seguono alla vittoria mutilata della prima
guerra mondiale e che poi precipiteranno
nel gorgo della dittatura fascista. E crisi
Come evitare che la crisi diventi un
alibi per il disimpegno?
Eleonora Artesio
Per uscire dalla crisi del nostro tempo
con soluzioni diverse dal rancore, do-
vremmo cominciare a cambiare il raccon-
to. Perché, come dice don Luigi Ciotti, ci
hanno rubato le parole.
Ad esempio una parola che oggi ha
perso il suo significato è libertà. Viene
usata per escludere gli altri, specie se
stranieri: la mia libertà di muovermi come
proprietario della mia terra, della mia città,
del mio paese, contro la libertà di un altro a
vivere dignitosamente come essere umano.
Sembra quasi che il diritto alla libertà stia
cannibalizzando i diritti sociali. Ma pen-
siamo anche a quella tremenda formula