My first Magazine Animazione Sociale | Page 21

2 / Morelli U., Mente e bellezza. Arte, creatività e innovazione, Allemandi & C., Torino 2010.
nostra esperienza, come la poesia, la musica, l’ arte visiva.
Ebbene, gli stessi fenomeni che stanno alla base della produzione di noi umani, la stessa dinamica che ci porta a produrre una sinfonia o un’ opera d’ arte, è la dinamica che ci porta a essere capaci di negazione, è la stessa dinamica che ci porta alla produzione del terrore, è la stessa dinamica che ci porta all’ esclusione( 2). A livello di fenomeni neurofisiologici la via che porta alla bellezza è tangente della via che porta al terrore, è tangente della via dell’ esclusione, della via della negazione.
Di fronte a un’ immagine distruttiva, ad esempio l’ abbattimento delle Twin Towers a New York, si avverte un’ attrazione compulsiva, e non si smetterebbe mai di guardare; si tratta di un fenomeno travolgente che mortifica, facendoci chiedere: « Ma se un essere umano può fare anche questo, allora che cosa siamo?». L’ estensione e la mortificazione hanno la stessa radice dal punto di vista neurofisiologico.
Se si approfondisce si vede che, fino a un certo punto, la radice neurofisiologica è la stessa e sarà poi l’ esperienza sociale a connotare di significati quel fenomeno. Questo perché è l’ esperienza del bello, del brutto, l’ esperienza estetica, l’ esperienza erotica, a modulare quella base in una direzione o in un’ altra.
Dobbiamo essere consapevoli, quindi, che il brivido di terrore e la lacrima di commozione hanno la stessa radice. A cambiare il senso e il significato di quella radice è l’ esperienza sociale, è il punto di vista di chi guarda perché ognuno di noi guarda in modo diverso. Questo è il punto, perché quello che ci incaglia in questo ragionamento è quanto aveva intuito un grande poeta latino, Terenzio, ripreso da Michel de Montaigne: « Nulla di ciò che è umano mi è estraneo ».
Se a fare una cosa è un essere umano, siamo costretti dalla nostra natura ad ampliare la nostra condivisione, fino al punto di ammettere che, se quella cosa è stata fatta e l’ ha fatta un essere umano, quella cosa è umana. Invece noi ricorriamo al concetto di disumano, ma in che senso è disumano? È troppo umano!
Le relazioni hanno luogo nell’ empatia
Pensiamo a tutte le riflessioni che si fanno in questo nostro tempo, in maniera francamente un po’ banale, sul concetto di empatia.
Come sappiamo, questo concetto ha nobilissime origini filosofiche. In particolare nota, usata, abusata è l’ elaborazione di Edith Stein. Ma oggi questo concetto assume un altro statuto che viene dai fondamenti neurofisiologici.
Poiché è evidente che l’ intersoggettività e la relazione non hanno luogo se non nell’ empatia, allora per degli animali sociali che si generano e si individuano nell’ intersoggettività e nelle relazioni domandarsi se l’ empatia sia buona o cattiva, se esista la vera empatia, o sostenere che essa favorisce l’ altruismo e la cooperazione, vuol dire porre una non-questione o un problema senza senso. La maggior parte delle riflessioni filosofiche, sociologiche e psicologiche sull’ empatia, purtroppo, hanno queste caratteristiche.
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