¶ CORRISPONDENZA DA PARIGI
Ponti
e Wilmotte
a Parigi
di Amaranta Pedrani
"Tutto Ponti,
Gio Ponti
arch-designer",
MAD, Paris.
Ingresso
della mostra /
Exhibition entrance
A sinistra / Left
Italo Lupi, poster
della mostra /
Exhibition poster
Si deve essere leggeri
come un uccello,
e non come la piuma
One should be light
like a bird,
and not like a feather
PAUL VALÉRY
J
ean Michel Wilmotte, architetto, urbanista,
designer e attento collezionista. Un numero
infinito di concorsi vinti, di progetti portati
a termine e cantieri aperti. L’abbiamo incontrato
nel suo studio di Parigi, in occasione della grande
retrospettiva dedicata a Gio Ponti da lui allestita
al Musée des Arts Décoratifs.
Architetto, l’esposizione di Ponti al MAD ha
aperto i battenti lo scorso ottobre, e dalla serata
di apertura ha attirato un numero incredibile di
pubblico. È forse una delle mostre più importanti
e più riuscite mai dedicate al grande maestro
italiano. Per affrontare l’allestimento anche lei
ha fatto suo il bisogno di leggerezza che tanto
stava a cuore a Gio Ponti?
Innanzitutto il luogo, il Museo delle arti
decorative, è uno spazio molto difficile. Ha una
grande navata centrale e due ali laterali molto
basse, dunque il principio è stato quello
di utilizzare il corpo principale come una stiva
dove racchiudere più di 500 pezzi (tra cui mobili,
sculture, arredi, ecc.) che raccolgono la sua
produzione cronologica di sei decadi a partire dal
1925, e lateralmente sviluppare altri due temi ai
quali accedere attraverso diverse aperture. Nella
prima ala troviamo quelle che sono state le sue
collaborazioni, gli oggetti e le diverse espressioni
artistiche (Richard Ginori, Domus, i vetri,
i disegni…). E nell’ultima sezione, le “period
room” che rimettono nel concreto le cose,
installazioni in scala delle sue più belle case.
Il progetto è semplice, in definitiva mostriamo
tutto il suo lavoro, è una mostra educativa.
Non si può uscirne e non aver capito Ponti!
Il grande muro traforato che ci accoglie appena
salita l’imponente scalinata dell’ingresso è un
chiaro riferimento alla Cattedrale di Taranto.
Perché questa scelta?
Volevo assolutamente un eco di Taranto.
Ho voluto mettere la dentelle della cattedrale
di Taranto perché volevo qualcosa di forte,
qualcosa che le persone potessero scoprire,
dato che sono in molti a non conoscerla.
Volevo una trama attraverso la quale la luce
potesse fare il suo ingresso nella sala principale.
È una scrittura che nessun altro architetto ha mai
più riutilizzato dal 1970, e ho voluto che fosse
come un marchio di riconoscimento.
Lei è a conoscenza dello stato in cui trova
oggi la Cattedrale di Taranto?
Si, in pessimo stato. Ma con la mia Fondazione
(Wilmotte Foundation, n.d.r.) a Venezia,
Fondamenta dell’Abbazia, Cannaregio, abbiamo
in corso una mostra a sostegno della cattedrale
dal titolo “Gio Ponti. Sacrée Lumière! Una
cattedrale e quattro chiese. Fotografie di Luca
Massari”, visitabile fino al prossimo 27 gennaio,
il cui tema è proprio la Cattedrale di Taranto.
Con alle spalle moltissimi progetti di allestimento
di mostre in importanti musei e fondazioni
nel mondo, trova ci sia una grande differenza
tra quelle pubbliche e private?
Diciamo semplicemente che nei musei privati,
come il MAD di Parigi, c’è un po’ più di
indipendenza rispetto alle lunghe forme
CORRESPONDENCE FROM PARIS / LUCE 326
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