LUCE estratti LUCE 326_Pedrani_Wilmotte | Page 4

¶ CORRISPONDENZA DA PARIGI Ponti e Wilmotte a Parigi di Amaranta Pedrani "Tutto Ponti, Gio Ponti arch-designer", MAD, Paris. Ingresso della mostra / Exhibition entrance A sinistra / Left Italo Lupi, poster della mostra / Exhibition poster Si deve essere leggeri come un uccello, e non come la piuma One should be light like a bird, and not like a feather PAUL VALÉRY J ean Michel Wilmotte, architetto, urbanista, designer e attento collezionista. Un numero infinito di concorsi vinti, di progetti portati a termine e cantieri aperti. L’abbiamo incontrato nel suo studio di Parigi, in occasione della grande retrospettiva dedicata a Gio Ponti da lui allestita al Musée des Arts Décoratifs. Architetto, l’esposizione di Ponti al MAD ha aperto i battenti lo scorso ottobre, e dalla serata di apertura ha attirato un numero incredibile di pubblico. È forse una delle mostre più importanti e più riuscite mai dedicate al grande maestro italiano. Per affrontare l’allestimento anche lei ha fatto suo il bisogno di leggerezza che tanto stava a cuore a Gio Ponti? Innanzitutto il luogo, il Museo delle arti decorative, è uno spazio molto difficile. Ha una grande navata centrale e due ali laterali molto basse, dunque il principio è stato quello di utilizzare il corpo principale come una stiva dove racchiudere più di 500 pezzi (tra cui mobili, sculture, arredi, ecc.) che raccolgono la sua produzione cronologica di sei decadi a partire dal 1925, e lateralmente sviluppare altri due temi ai quali accedere attraverso diverse aperture. Nella prima ala troviamo quelle che sono state le sue collaborazioni, gli oggetti e le diverse espressioni artistiche (Richard Ginori, Domus, i vetri, i disegni…). E nell’ultima sezione, le “period room” che rimettono nel concreto le cose, installazioni in scala delle sue più belle case. Il progetto è semplice, in definitiva mostriamo tutto il suo lavoro, è una mostra educativa. Non si può uscirne e non aver capito Ponti! Il grande muro traforato che ci accoglie appena salita l’imponente scalinata dell’ingresso è un chiaro riferimento alla Cattedrale di Taranto. Perché questa scelta? Volevo assolutamente un eco di Taranto. Ho voluto mettere la dentelle della cattedrale di Taranto perché volevo qualcosa di forte, qualcosa che le persone potessero scoprire, dato che sono in molti a non conoscerla. Volevo una trama attraverso la quale la luce potesse fare il suo ingresso nella sala principale. È una scrittura che nessun altro architetto ha mai più riutilizzato dal 1970, e ho voluto che fosse come un marchio di riconoscimento. Lei è a conoscenza dello stato in cui trova oggi la Cattedrale di Taranto? Si, in pessimo stato. Ma con la mia Fondazione (Wilmotte Foundation, n.d.r.) a Venezia, Fondamenta dell’Abbazia, Cannaregio, abbiamo in corso una mostra a sostegno della cattedrale dal titolo “Gio Ponti. Sacrée Lumière! Una cattedrale e quattro chiese. Fotografie di Luca Massari”, visitabile fino al prossimo 27 gennaio, il cui tema è proprio la Cattedrale di Taranto. Con alle spalle moltissimi progetti di allestimento di mostre in importanti musei e fondazioni nel mondo, trova ci sia una grande differenza tra quelle pubbliche e private? Diciamo semplicemente che nei musei privati, come il MAD di Parigi, c’è un po’ più di indipendenza rispetto alle lunghe forme CORRESPONDENCE FROM PARIS / LUCE 326 43