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Sono attratto dal neon
perché questo è, letteralmente,
un gas intrappolato,
un colore reale
non applicato a una superficie
nel senso di dipinto,
ma un colore che bagna
o riempie in maniera naturale
l’ambiente a lui
immediatamente vicino
I am attracted to neon
because this is, literally,
a trapped gas, a real colour
that is not applied to a surface
in the sense of painting,
but a colour that bathes
or fills the environment
immediately close to him
in a natural way
Milano
KEITH SONNIER
Comus (Sel Series), 1978-2003
Neon, argon, pittura, cavo e trasformatore /
Neon, argon, painting, cable and transformer
237x102x18 cm
sembra una grande lente d’ingrandimento
capace di amplificare la tensione di superamento
dei limiti tra materiali e parete, e attraverso
il neon tenta di liberare il gas del tubo
fluorescente, potenziando il dialogo tra
l’architettura e l’opera per creare una
connessione con lo spazio e lo spettatore. Anche
nelle altre sculture a muro il colore disegna
circuiti polisensoriali che alterano la percezione
dello spazio, combinando elementi tecnologici
con temi organici: un mix inusuale che sottende
l’imperfezione, poiché in natura nulla
è quadrato o perfettamente circolare, ma tutto
è fluido, dinamico e in perenne trasformazione.
Dagli anni Settanta in poi, le sue opere di varie
dimensioni si caratterizzano per una ricercata
tensione scenografica, in cui in maniera
equilibrata si fondono elementi astratti
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LUCE 326 / LIGHT ART
con evocazioni figurative, l’effimero con
l’architettura in chiave pop concettuale
con raffinate invenzioni formali. Sono note
le sue installazioni ambientali anche a scala
monumentale, come le varie declinazioni della
serie Ba-O-Ba, dedicata alla sezione aurea,
per gli esterni della Neue Nationalgalerie di Mies
van der Rohe a Berlino, nel 2002, e per la Lever
House di New York nel 2003. Si distinguono
tra le altre le sue Sel Series (1978-2003), soluzioni
formali indefinibili, pseudo figurative, che
evocano creature misteriose, sagome fantastiche
e presenze aliene luminose accattivanti che
derivano da un’antica astratta forma di scrittura
cinese, nominata Sel-calligraphy, e introducono
il rapporto tra forma, colore e linguaggio, testo
e immagine, architettura e spettatore.
Sono capolavori il tentacolare Prairie
(Gran Twister Series, 2012), la serie Chandelier
Series degli anni Duemila, che trasuda di energia
capace di configurare impulsi elettrici e
cosmologie di cablature sotterranee, e gli archi
evocati da Floating Grid Series (2017). Nelle sue
installazioni ambientali Sonnier trasforma il
colore in volume in cui la luce materializza spazi
luminosi dentro architetture preesistenti. In una
intervista l’artista ha dichiarato: “Sono attratto
dal neon perché questo è, letteralmente, un gas
intrappolato, un colore reale non applicato
a una superficie nel senso di dipinto, ma un
colore che bagna o riempie in maniera naturale
l’ambiente a lui immediatamente vicino”. Nella
galleria milanese, con una ricercata selezione
di sculture, hanno impressionato i lavori recenti,
sculture luminose solide e pulsanti, ideate come
protocolli sperimentali risolti in ghirigori di linee
contorte che evocano il volo degli insetti o le
“incursioni aeree” di stormi di uccelli migratori
dalla forte carica vitalistica, rigenerante.
Convince la sua riconoscibile cifra stilistica
di sovrapposizione di forme ellittiche con tubi
sinuosi al neon variopinto; riflettori, un
trasformatore di acciaio saldato e altri materiali
configurano sculture possenti e fragili insieme,
capaci di generare soggetti nuovi, stupefacenti.
Scaturite da immagini personali, sono opere
per un fruitore dallo sguardo dinamico
e mutevole, in cui la luce si fa oggetto
del pensiero sulle modalità del fare arte.