LUCE estratti LUCE 323 _ Filibeck _ Steve Lieberman | Page 5
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Steve Lieberman
mi sto occupando. Il mio studio produce
documentazione tecnica, come file CAD, modelli
3D, rendering fotografici e anteprime video.
Una volta che un design è completato,
ne curiamo ogni aspetto della produzione
fino alla fine dello show, inclusi controllo
e programmazione di luci ed effetti.
Adesso parliamo di lei: da quanto tempo
lavora in questo settore? Ha avuto qualche
maestro o mentore che l’ha aiutata a crescere
come professionista?
Ho iniziato a lavorare nel mondo dei club
nel 1987. I primi anni ‘90 sono stati quelli in cui
la scena ha cominciato a espandersi negli
Stati Uniti, nell’ambito di eventi underground
e di nicchia. Io avevo un amico che si occupava
di programmare le luci per questo genere
di serate e ho avuto l’occasione di assistere
al suo lavoro e dargli una mano: è stato il mio
primo incontro con questa realtà e, a partire
dal 1995, è diventata la mia professione.
A quei tempi la community era veramente
ristretta e l’ambiente delle produzioni
“mainstream” – per esempio quelle legate
al rock show – non era interessato a figure
di questo tipo, per cui mi sono formato
completamente da solo, sul campo,
in un’epoca molto diversa da oggi, dove
Coachella Yuma Tent 2016
86
LUCE 323 / SHOW TIME
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esclusivamente alla propria sensibilità
e al proprio gusto: per me è stato lo stesso,
e fortunatamente la mia visione e le mie
idee hanno trovato l’approvazione del pubblico,
permettendomi quindi di crescere come
professionista. Credo che la nuova forma
di linguaggio di cui parlavi sia proprio questa:
la grande libertà di espressione artistica
che guida il mio lavoro è diventata nel corso
degli anni una consuetudine comune ai
professionisti di questo mondo e ha reso il mio
ambiente più innovativo e all’avanguardia
rispetto agli show e ai concerti “tradizionali”.
Crede che ci siano ancora differenze tra la scena
europea e quella americana? In passato
gli eventi nel nostro Continente erano perlopiù
circoscritti alla dimensione dei club e delle
discoteche (a eccezione dei festival organizzati
nel nord Europa), e la componente visiva
non era così rilevante. Le cose sono cambiate
da quando la musica elettronica ha acquisito
la popolarità di cui gode oggi…
In passato il layout dei locali non era costruito
attorno alla figura del DJ. La postazione
della consolle era spesso confinata in un angolo
della sala e, in generale, il DJ non riceveva
le stesse attenzioni di adesso: solitamente aveva
un contratto con un club in cui si esibiva
regolarmente tutte le settimane e per tutta
la durata della serata. Nel corso degli anni la
line-up (l’elenco dei DJ presenti ad un festival,
Marquee, Las Vegas
N.d.R.) è diventata un fattore determinante
per attirare pubblico a un evento e aumentarne
l’appeal, e di conseguenza anche la posizione
della consolle ha acquisito un peso maggiore
in fase di progettazione. A differenza degli
Stati Uniti, in Europa il mercato dei festival
ha da sempre goduto di maggiore credito sotto
il profilo professionale e, quindi, per il business
è stato più facile espandersi. Per questo
non credo che gli Stati Uniti abbiano influenzato
l’evoluzione del modo di organizzare grandi
eventi in Europa, ma sono dell’idea che
entrambi gli scenari siano cresciuti seguendo
il proprio percorso.
Dopo questa breve panoramica del mondo
a cui appartiene, parliamo del suo lavoro:
come nasce il progetto per un festival?
Segue delle linee guida durante il processo
creativo oppure ha piena libertà decisionale?
Ci sono sempre delle linee guida da seguire
e sono principalmente dettate dal budget
a disposizione per il progetto. È fondamentale,
inoltre, tenere conto di eventuali esigenze
collegate all’esibizione di DJ che necessitano
di setup o equipaggiamenti particolari. Infine
vanno considerate le specifiche stilistiche
del festival, che influenzano il design di diversi
elementi. La progettazione di ciascuno stage
è strettamente legata alla location: le variabili
cambiano a seconda di un open air, di una
tensostruttura o di un palazzetto.
Personalmente, nel disegnare un nuovo
progetto, mi faccio influenzare dal mondo
dell’architettura oppure mi ispiro a set
cinematografici o a figure geometriche.
Comincio con semplici sketch, su quaderni
o con la tavoletta grafica, in cui delineo i livelli
fondamentali dello stage. Una volta individuato
il concept ideale inizia il lavoro al computer:
il team che lavora al mio fianco trasforma
le bozze su carta in modelli tridimensionali
e realizza i primi rendering video e fotografici
su cui confrontarsi con il cliente e con le figure
professionali che si occupano di altri ambiti
della progettazione. In generale, ideare un
progetto per un festival o un club è un’attività
estremamente “multitasking” perché il processo
creativo interessa, oltre a un grande numero
di professionisti, anche un sacco di variabili
artistiche e tecniche che devono essere prese
in considerazione e inserite nel flusso di lavoro
in modo che non interferiscano l’una con l’altra.